giovedì 10 aprile 2025

Corso di storia della filosofia: 101 six Dahrendorf 1929

Ralf Gustav Dahrendorf 1929

Ralf Gustav Dahrendorf, Barone Dahrendorf (Amburgo, 1º maggio 1929 – Colonia, 17 giugno 2009), è stato un sociologo, politologo e politico tedesco naturalizzato britannico.Di ispirazione liberale, Dahrendorf appartiene al filone della prospettiva del conflitto, e più precisamente ai teorici analitici di stampo weberiano.Dal 1969 al 1970 è stato membro del parlamento tedesco per il Partito Liberale Democratico e Segretario di stato nel Ministero degli esteri tedesco. Nel 1970 è divenuto membro della Commissione europea a Bruxelles, da cui si dimise nel 1974.Dal 1974 al 1984 è stato direttore della London School of Economics e, dal 1987 al 1997, Warden (l'equivalente del CEO o dell'amministratore delegato per una università) del St. Antony College all'Università di Oxford.Avendo adottato la cittadinanza britannica nel 1988, nel 1993 è stato nominato Lord a vita dalla regina Elisabetta II con il titolo di "Baron Dahrendorf of Clare Market in the City of Westminster".È stato primo patron dell'Internazionale liberale.I filoni della sua analisi sono essenzialmente due: le teorie della società e i fattori del conflitto.Egli sostiene che la tendenza al conflitto è insita nel sistema, nel quale coesistono gruppi con e senza potere, che perseguono interessi diversi.Molto forte in Dahrendorf è il concetto di "potere", che egli definisce, sulla scia di Max Weber, come la capacità di far fare agli altri quello che si vuole, cioè di farsi obbedire. Il potere determina la struttura sociale, anche in maniera coercitiva.Le "norme" - altro concetto chiave - sono stabilite e mantenute dal potere, e servono a tutelare degli interessi. Sono quindi funzionali agli interessi del potere e non frutto del consenso sociale. Una prova di ciò è nel fatto che a tutela delle norme sono previste delle sanzioni.Le norme, sostenute dal potere, definiscono i criteri di desiderabilità sociale, cioè le cose (valori, status, ambizioni, etc.) che sono generalmente desiderate dalla collettività. Questo contribuisce a stabilire un ordine gerarchico di status sociali. Le norme creano anche discriminazione verso chi non vi si conforma.Un altro concetto importante è quello di "autorità", in rapporto a quello di potere: l'autorità è l'esercizio del potere, ma con legittimità ed entro certi limiti. Per capire meglio si può far un esempio: un'università ha l'autorità sufficiente per chiedere la retta annuale ai propri iscritti, ma non, ad esempio, per estorcere prestazioni personali di altro tipo. Un ladro, invece, ha il potere di estorcere denaro, ma non l'autorità.Dahrendorf sostiene che la divisione in classi è determinata dal possesso o meno di autorità: il conflitto (di classe) coinvolge solo due parti, e l'autorità è ciò che le separa.Per quanto riguarda la mobilitazione e la protesta sociale, Dahrendorf, afferma che sono necessari quattro tipi di requisiti perché questa abbia luogo: tecnici (un fondatore, un'ideologia o uno statuto); politici (uno stato liberale, a differenza di uno autoritario, favorisce la protesta); sociali (la concentrazione geografica dei membri del gruppo, la facilità di comunicazione ed il reclutamento simile); psicologici (gli interessi da difendere devono apparire reali).Il conflitto sarà caratterizzato dal livello di violenza (il "tipo di armi", anche in senso metaforico, usato) e intensità, intesa come livello di dispendio di energie nella lotta.Il conflitto avviene tra chi dà e chi riceve ordini. Nello stato vi è una classe dirigente e una burocrazia composta di individui che contribuiscono a far sì che gli ordini del vertice siano rispettati da tutti. La presenza di questa burocrazia allarga la base del consenso. Vi è anche un conflitto tra governo e industria.

Corso di storia della filosofia: 101 penta Morin 1921

Edgar Morin 1921

Edgar Nahoum di origine ebrea sefardita, detto Edgar Morin (1921) è un filosofo e sociologo francese. Nella resistenza conosce François Mitterrand e adotta il nome di battaglia "Morin", che non dismetterà più. Nel 1941 aderisce al Partito Comunista Francese. Prende parte alla liberazione di Parigi nell'agosto del 1944  e successivamente a Landau dove è prima attaché allo Stato Maggiore della Prima Armata francese in Germania (1944), poi Capo dell'Ufficio Propaganda del governo militare Francese (1945). Alla Liberazione scrive L'anno zero della Germania sulla situazione del popolo tedesco, libro che richiama l'attenzione di Maurice Thorez, allora segretario generale del Partito Comunista Francese e Ministro della Funzione Pubblica, che lo invita a scrivere nella rivista Lettres Françaises.

Nel 1946 torna a Parigi e abbandona la carriera militare, proseguendo le attività nel partito comunista. Per le sue posizioni anti staliniste il rapporto col partito nel 1949 inizia a deteriorarsi, fino alla sua espulsione nel 1951, seguita alla pubblicazione di un articolo su Le Nouvel Observateur (all'epoca noto come France-observateur). Nel 1950 entra al Centre National de Recherche Scientifique (CNRS, Centro Nazionale della Ricerca Scientifica) nel campo dell'antropologia sociale, su consiglio e con l'appoggio di Maurice Merleau-Ponty.

 Nel 1960, Morin viaggia per l'America latina, visitando Brasile, Cile, Bolivia, Perù e Messico, dove viene profondamente impressionato dalla cultura indigena e afro - brasiliana. Tornato in Francia, pubblica L'Esprit du Temps.
Compie quindi una ricerca multidisciplinare su di una Comune in Bretagna, che darà luogo alla pubblicazione dal titolo La Métamorphose de Plozevet (1967). Si tratta di uno dei primi saggi di etnologia sulla Francia contemporanea, ma Morin viene etichettato come 'eretico' per la natura transdisciplinare del suo lavoro, cosa che contriburà alla sua crescente avversione per l'ambiente accademico parigino, e lo indurrà a passare un tempo sempre maggiore lavorando lontano dalla capitale. Nel 1968 Morin sostitusce Henri Lefébvre all'Università di Nanterre. Nel 1969 Morin trascorre un anno al Salk Institute a La Jolla, California, dove entra in familiarità con la rivoluzione negli studi di genetica iniziata con la scoperta del DNA; queste influenze culturali contribuiranno alla sua visione combinante cibernetica, teoria dell'informazione e teoria dei sistemi, basi di una riforma del pensiero, in cui si gettano le basi di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori ad un pensiero della complessità.

Corso di storia della filosofia: 101 quater Gramsci 1891

Antonio Gramsci 1891

Uomo politico e pensatore (Ales, Cagliari, 1891 - Roma 1937). Membro del PSI e fondatore de L'Ordine Nuovo (1919), fece parte dell'esecutivo dell'Internazionale comunista (1923). Divenuto segretario del Partito comunista d'Italia (PCd'I) e deputato (1924), affrontò la questione meridionale, indirizzando la politica dei comunisti verso l'unione con i socialisti massimalisti. Nel 1924 fondò il quotidiano politico l'Unità, organo del PCd'I. Per la sua attività e per le sue idee fu condannato a venti anni di carcere (1928). Il suo pensiero politico, espresso anche nei numerosi scritti, si articolò in una rilettura globale dei fenomeni sociali e politici internazionali dal Risorgimento in poi, che lo portò a criticare per la prima volta lo stalinismo, a teorizzare il passaggio dalla "guerra di movimento" alla "guerra di posizione", a formulare i concetti di "egemonia" e di "rivoluzione passiva". Per la statura del suo impegno intellettuale e politico è considerato una tra le maggiori figure della prima metà del Novecento italiano.

Vicino in gioventù all'autonomismo sardo, frequentò l'univ. di Torino dal 1911, avvicinandosi alla milizia socialista e rivoluzionaria. Iscritto al PSI dal 1913, fu redattore del Grido del popolo e dell'Avanti!; dopo la sommossa popolare dell'ag. 1917 divenne segretario della sezione socialista torinese. Nel maggio 1919 fondò L'Ordine Nuovo, settimanale di cultura socialista diretto soprattutto alla classe operaia, che militava in favore dell'adesione del Partito socialista all'Internazionale comunista e a sostegno del movimento dei consigli di fabbrica; nel 1920 le posizioni de L'Ordine Nuovo ebbero l'approvazione di Lenin e nello scontro interno al PSI G. si avvicinò all'ala astensionista guidata da A. Bordiga, che auspicava la costituzione del Partito comunista d'Italia (PCd'I), sezione italiana dell'Internazionale comunista. Membro del comitato centrale del nuovo partito (genn. 1921), fu a Mosca dal giugno 1922 al nov. 1923 ed entrò nell'esecutivo dell'Internazionale. Dal 1923 G. maturò il distacco dalle posizioni di Bordiga (che si trovava in polemica con l'Internazionale), per cui, rientrato in Italia nel maggio 1924, divenuto segretario del partito (nel 1924 era stato anche eletto deputato) e avendo fondato già a gennaio dello stesso anno il quotidiano politico l'Unità come organo del PCd'I, indirizzò, sfidando la dura linea di repressione perseguita dal governo fascista, la politica comunista verso l'unità con i socialisti massimalisti e verso un radicamento nella società italiana che aveva come fine l'alleanza tra gli operai e le masse contadine del Mezzogiorno (la "questione meridionale"), linea che ebbe la definitiva sanzione nel III congresso del PCd'I (Lione, 1926). Arrestato nel nov. 1926 con altri dirigenti del partito, nel 1928 G. fu condannato dal Tribunale speciale a venti anni di reclusione per attività cospirativa, incitamento all'odio di classe, ecc., e trascorse il periodo detentivo prevalentemente nel carcere di Turi e, dal 1934, in una clinica di Formia. Le condizioni di salute, già incerte, si aggravarono durante la reclusione e G. morì poco dopo la scarcerazione, avvenuta per amnistia.

Sia la pubblicazione degli scritti politici, sia le Lettere dal carcere (postumo, 1947; ed. ampliate 1965, 1988), sia, e soprattutto, i Quaderni del carcere (postumo, 1948-51; ed. critica 1975) hanno avuto grande rilevanza nella cultura italiana del dopoguerra. Sul terreno politico, risale infatti a G. una delle prime e più incisive critiche politiche allo stalinismo (1926), nonché l'abbozzo, nei Quaderni, di una strategia rivoluzionaria fondata su un'idea non repressiva del potere (egemonia), in grado di tener conto della complessità e delle articolazioni della moderna società industriale (passaggio dalla "guerra di movimento" alla "guerra di posizione"). Prevalentemente ispirati da esigenze ermeneutiche e dunque solo indirettamente militanti, i Quaderni iniziano un'indagine di ampio respiro critico su molti aspetti della società, della storia e della cultura moderna: attraverso il concetto di "rivoluzione passiva" G. tenta, per es., di unificare una serie di fenomeni attuali legati al coinvolgimento e al ruolo delle masse nella società moderna, quali l'"americanismo", la pianificazione sovietica e persino il fascismo; lo stesso concetto viene utilizzato anche su un piano storiografico, rispetto al quale hanno avuto particolare risonanza le considerazioni sui limiti democratici dello stato nazionale unitario, alla cui base vi è la lettura del risorgimento italiano come rivoluzione popolare mancata. Rilevanti gli approfondimenti su altri temi quali la storia degli intellettuali italiani, il pensiero politico di Machiavelli e il rapporto tra letteratura e società; sul terreno propriamente filosofico, il serrato confronto con B. Croce, la cui elaborazione viene complessivamente valutata come ritraduzione nel linguaggio speculativo idealistico del materialismo storico, si accompagna con un'interpretazione del marxismo in chiave storicistica e antideterministica ("filosofia della praxis"), lettura che pone al centro della riflessione l'attività umana come è storicamente determinata e l'insieme dei concreti rapporti (economici, sociali, ideologici, giuridici, ecc.) che legano gli uomini tra di loro.

Corso di storia della filosofia: 101 ter Lukács 1885

György Lukács 1885
György Lukács filosofo ungherese (Budapest 1885 - ivi 1971). Laureatosi a Budapest nel 1906, nel 1909 si trasferì in Germania (a Berlino e a Heidelberg), dove restò per vari anni, allo scopo di approfondire gli studi di filosofia. Fu un periodo decisivo per la formazione culturale di L., il cui pensiero risentì fortemente dell’influsso di Simmel, Weber, Rickert, Lask e della Hegel-Renaissance iniziata da Dilthey. Il rapporto con Hegel e con lo storicismo tedesco costituì il nucleo teorico delle sue prime opere: Die Seele und die Formen (1911; trad. it. L’anima e le forme) e Die Theorie des Romans (1915; trad. it. Teoria del romanzo). Gli stessi motivi teorici sono soprattutto presenti nell’importante e celebre opera del 1923, Geschichte und Klassenbewusstsein (trad. it. Storia e coscienza di classe), che rappresenta il momento più significativo dell’incontro di L. con l’opera di Marx e con il marxismo. In questo libro, che ha esercitato un influsso non trascurabile su alcuni filoni della cultura europea, L. univa strettamente fra loro la teoria marxiana della reificazione e del feticismo, la critica hegeliana dell’intelletto e del materialismo, e la critica (sviluppata ampiamente dallo storicismo tedesco) dei procedimenti metodologici, ‘analitici’ e ‘quantitativi’», delle scienze della natura. Nel suo libro L. rivendicava un metodo incardinato sulla categoria della «totalità concreta», all’interno della quale soltanto possono essere colte le contraddizioni e le connessioni profonde tra i singoli fenomeni. Per alcune delle tesi in esso contenute (per es., la critica della «dialettica della natura» di Engels) fu duramente criticato dalla Terza Internazionale. L., ormai legato al movimento comunista (nel 1919 aveva partecipato alla repubblica sovietica ungherese di B. Kun, come commissario del popolo all’istruzione), sconfessò il suo libro. Ha inizio così la seconda fase della sua attività, ispirata al materialismo dialettico e volta a elaborare un’estetica marxista. In Der junge Hegel und die Probleme der kapitalistischen Gesellschaft (1948; trad. it. Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica) L. ha sostenuto la sostanziale continuità di metodo fra Hegel e Marx-Engels (da lui ormai rigidamente identificati); in Die Zerstörung der Vernunft (1954; trad. it. La distruzione della ragione) ha ricostruito il pensiero tedesco dell’età imperialistica, mettendo in rilievo una linea di sviluppo irrazionalistico che andrebbe da Schelling a Hitler. Come teorico dell’arte e della letteratura, L. ha elaborato una teoria estetica fondata sulla concezione leniniana del «rispecchiamento» e sulla categoria del «particolare»; la forma più alta di arte è per L. il realismo, che consiste nella rappresentazione di personaggi ‘tipici’ in circostanze ‘tipiche’. L. ha presentato le sue teorie estetiche e letterarie nelle seguenti opere: Essays über den Realismus (1948; trad. it. Saggi sul realismo); K. Marx und F. Engels als Literaturhistoriker (1948; trad. it. Il marxsismo e la critica letteraria); Th. Mann (1949; trad. it. Thomas Mann); Der russische Realismus in der Weltliteratur (1949); Deutsche Realisten des XIX Jahrhunderts (1951; trad. it. Realisti tedeschi del 19° secolo); Balzac und der französische Realismus (1952; trad. it. Saggi sul realismo); Skizze einer Geschichte der neueren deutschen Literatur (1953; trad. it. Breve storia della letteratura tedesca); Beiträge zur Geschichte der Aesthetik (1954; trad. it. Contributi alla storia dell‘estetica); Der historische Roman (1955; trad. it. Il romanzo storico); Die Eigenart des Aesthetischen (2 voll., 1964; trad. it. Estetica). Nel 1956 L. prese parte attiva al disgelo politico e culturale e partecipò al secondo governo Nagy in qualità di ministro della Pubblica istruzione. Dopo la repressione russa, fu deportato in Romania; rientrato a Budapest nel 1957, si ritirò da ogni attività pubblica e si dedicò interamente al suo lavoro scientifico.

Corso di storia della filosofia: 101 bis Neomarxismo


Neomarxismo

Il neo-marxismo è un ampio e articolato movimento filosofico e politico che, a partire dal Novecento, ha reinterpretato e aggiornato il pensiero di Karl Marx alla luce delle trasformazioni sociali, culturali ed economiche del mondo moderno. Non si tratta di una scuola unitaria, ma di una galassia di approcci critici che mantengono l’impianto teorico marxiano (centralità dei rapporti di produzione, critica al capitalismo, emancipazione delle classi subalterne), ma lo integrano con nuovi strumenti concettuali provenienti da altri ambiti, come la sociologia, la psicoanalisi, la filosofia del linguaggio, l’ecologia e gli studi culturali.

Ecco una panoramica essenziale del neo-marxismo in filosofia:


📚 Origini e contesto storico

Il neo-marxismo nasce come reazione critica al marxismo ortodosso (soprattutto quello sovietico) che aveva irrigidito e dogmatizzato la teoria di Marx, riducendola a una dottrina economica deterministica. I neo-marxisti contestano questa visione meccanicistica e propongono invece una lettura più flessibile, aperta ai mutamenti storici e alla complessità della società.


🧠 Caratteristiche filosofiche del neo-marxismo

  • Critica della società capitalista, ma ampliata oltre l’economia, includendo cultura, ideologia, istituzioni e forme di controllo sociale.
  • Rifiuto del determinismo economico: non è solo la base materiale a spiegare i fenomeni storici; anche sovrastrutture (politica, cultura, religione) hanno una loro autonomia.
  • Centralità della coscienza e dell’alienazione: forte attenzione alla soggettività, alla manipolazione culturale e ai processi di interiorizzazione del dominio.
  • Interdisciplinarietà: il marxismo dialoga con la psicoanalisi (Freud), l’esistenzialismo, la fenomenologia, lo strutturalismo, la teoria critica.

🏛️ Scuola di Francoforte – Il cuore del neo-marxismo

Il gruppo più influente è senza dubbio la Scuola di Francoforte, fondata negli anni ’30 presso l’Istituto per la Ricerca Sociale.

Principali esponenti:

  • Max Horkheimer e Theodor W. Adorno: sviluppano la "teoria critica" che analizza le forme di dominio nella società contemporanea, anche nelle sue espressioni culturali (industria culturale, consumo di massa, manipolazione).
  • Herbert Marcuse: interpreta Marx attraverso Freud; critica la società opulenta che anestetizza il conflitto sociale; elabora l’idea di “uomo unidimensionale”.
  • Walter Benjamin: coniuga marxismo e misticismo; propone una critica estetica e storica del capitalismo; celebre il suo saggio sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
  • Jürgen Habermas: supera il marxismo classico proponendo una filosofia del linguaggio e dell’agire comunicativo; si concentra sul potenziale emancipativo del dialogo e della razionalità comunicativa.

🌍 Altri sviluppi e influenze

  • Antonio Gramsci (Italia): benché anteriore alla Scuola di Francoforte, è fondamentale per il neo-marxismo. Con la teoria dell’egemonia culturale, analizza come le classi dominanti mantengano il potere attraverso consenso, non solo coercizione.
  • Louis Althusser (Francia): marxismo strutturalista, rifiuta l’umanesimo marxiano e introduce la nozione di “apparati ideologici di Stato”.
  • Fredric Jameson, Terry Eagleton, David Harvey: sviluppano il neo-marxismo in ambito culturale, urbanistico e letterario.
  • Herbert Marcuse e Erich Fromm (psicoanalisi marxista): analizzano i meccanismi di controllo sociale interni al soggetto.

🧩 Temi chiave del neo-marxismo

  • Cultura come luogo di lotta politica (cultural studies)
  • Manipolazione e passività delle masse (industria culturale)
  • Forme di alienazione postmoderna
  • Nuove soggettività e movimenti sociali (studenti, femminismo, ecologismo)
  • Crisi della razionalità moderna e della democrazia liberale

Corso di storia della filosofia: 101 Carnap 1891

 Rudolf Carnap 1891

 Carnap

Rudolf Carnap (1891–1970) è stato un filosofo e logico tedesco naturalizzato statunitense nel 1941. Membro del Circolo di Vienna ed influente esponente del neopositivismo.
Studiò filosofia con di Bruno Bauch, logica matematica con Gottlob Frege, fisica con Albert Einstein. Tenne rapporti con Bertrand Russell e Edmund Husserl. Dopo il suo incontro con Hans Reichenbach e Moritz Schlick, divenne docente all'Università di Vienna e cominciò a frequentare il gruppo di studiosi che sarebbe poi divenuto famoso col nome di Circolo di Vienna (Schlick, Reichenbach, Hahn, Waismann, Neurath, Feigl, Hempel, Gödel, Wittgenstein).
Nel 1928 Carnap pubblica: La costituzione logica del mondo, in cui sviluppa una versione rigorosamente formale dell'empirismo, definendo tutti i concetti scientifici in termini fenomenalistici, basati cioè sull'esperienza interiore.
Nel 1934 pubblica Sintassi logica del linguaggio, in cui propone il suo "principio di tolleranza", in base al quale non esiste un uso "autentico" o "corretto" della logica o del linguaggio. Si è liberi di adoperare qualunque linguaggio se utile ai propri scopi.
Nel 1935 Carnap emigra negli Stati Uniti e diventa professore di filosofia all'università di Chicago, poi a Princeton e a Los Angeles (UCLA), dove studia semantica e logica modale (arrivando quasi all'interpretazione, oggi considerata standard, dei mondi possibili proposta da Saul Kripke), e pone le basi filosofiche della probabilità e dell'induzione, occupandosi della distinzione tra proposizioni analitiche e proposizioni sintetiche e del principio di verificazione.

Pensare stanca? | Etica e Complessità News 4 giugno 2025

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