Emmanuel Lévinas 1906
A partire dal 1931 risiede a Parigi, dove insegna all'École normale israelite orientale (assumendone la direzione dal 1946 al 1961). Ivi ha modo d'incontrare Lacan, Merleau-Ponty, Aron, e di frequentar. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel 1939, Lévinas, chiamato alle armi, è catturato dai nazisti e condotto in un campo di concentramento col numero 1492. Lévinas mise insieme delle annotazioni, che saranno pubblicate postume, nel 2009, col titolo di Quaderni di prigionia.
Lontano dagli -ismi coevi (esistenzialismo, marxismo), Lévinas non aderì al movimento comunista, in quanto «rimanere non comunista significava conservare la propria libertà di giudizio in uno scontro di forze». Critico nei confronti dello strutturalismo, Lévinas si oppone a Lévi-Strauss. Nel 1961, vede la luce il capolavoro lévinasiano, Totalità e Infinito. Saggio sull'esteriorità e, fra il 1964 e il 1976, insegna nelle università di Poitiers (1964 – 1967), di Paris-Nanterre (1967 –1973) e alla Sorbona (1973–1976). All'indomani delle contestazioni del 1968, l 'Autore dichiarerà la propria distanza da quel fenomeno che sembrava aver condannato tutti i valori come prodotti borghesi
Insignito nel 1989 del Premio Balzan per la Filosofia, Lévinas muore a Parigi nel 1995, concludendo una lunga carriera intellettuale che lo fece considerare una «delle alternative più geniali ed affascinanti, alla crisi dei sistemi totalizzanti, come lo storicismo idealistico e quello marxistico, e alle tentazioni post-moderne della messa in questione e/o la frantumazione di ogni possibile senso, come nel nietzschianesimo, nello strutturalismo, nel decostruzionismo»
L’opera di Lévinas può essere compresa all’interno del confronto fra logos biblico e logos filosofico. Atene e Gerusalemme insomma sono le vere radici del pensiero europeo e risultano imprescindibili per Lévinas, che proprio in una conversazione con Derrida precisò la sua posizione: «Vede, si parla spesso di etica per descrivere quello che faccio ma in fin dei conti ciò che mi interessa non è l’etica, non solo l’etica, ma il santo, e la santità del santo». Come spiega poi citando Isaia: «La parola io significa eccomi». La responsabilità dell’io, privando l’io del suo egoismo, non per questo lo riduce a momento dell’ordine universale, anzi ne conferma l’unicità: nessuno può rispondere al mio posto. «Che Altri mi riguardino è mio malgrado», aggiunge Lévinas replicando a Sartre.