Emmanuel Lévinas 1906

Emmanuel Lévinas: etica come filosofia prima
1. Una vita segnata dall’esilio e dalla Storia
Emmanuel Lévinas nasce a Kaunas nel 1906, in una famiglia ebraica lituana. La sua formazione si svolge tra la cultura talmudica e lo studio dei grandi filosofi europei, in particolare Husserl e Heidegger. Trasferitosi a Parigi negli anni ’30, entra in contatto con l’ambiente fenomenologico e con pensatori come Merleau-Ponty, Lacan e Aron.
L’esperienza della Seconda guerra mondiale segna un punto di svolta: fatto prigioniero dai nazisti e internato in un campo di concentramento, Lévinas vive sulla propria pelle l’orrore della disumanizzazione. Quell’esperienza diverrà matrice di una filosofia che rifiuta ogni sistema totalizzante e ogni riduzione dell’uomo a funzione o ingranaggio della storia.
2. Lévinas e la critica ai totalitarismi del pensiero
La sua opera non si colloca nei grandi movimenti coevi – esistenzialismo, marxismo, strutturalismo – ma rappresenta piuttosto un cammino alternativo. Lévinas diffida degli -ismi, considerandoli rischiosi per la libertà di giudizio: sia lo storicismo idealista che il marxismo riducono l’uomo a parte di un disegno più ampio, annullandone l’alterità.
Critico verso lo strutturalismo di Lévi-Strauss e distante dalle derive postmoderne (dalla decostruzione al nichilismo nietzschiano), Lévinas cerca una via capace di salvare la possibilità di senso senza cadere nei sistemi chiusi. La sua è dunque una filosofia contro la totalità, ma non per dissolvere il significato: piuttosto per trovarne le radici nell’incontro etico.
3. Totalità e Infinito: l’incontro con l’Altro
Pubblicato nel 1961, Totalità e Infinito rappresenta il capolavoro di Lévinas e la sua “filosofia prima”. L’idea di fondo è radicale: la vera trascendenza non si trova in Dio come oggetto di pensiero né nella struttura della coscienza, ma nell’incontro con il volto dell’Altro.
-
Il volto non è una semplice immagine, ma un’epifania: manifesta la nudità e la fragilità dell’essere umano, imponendo un comando etico originario – “non uccidere”.
-
L’infinito è la trascendenza che si apre nell’Altro, ciò che eccede ogni concettualizzazione e impedisce alla totalità (storica, politica, filosofica) di chiudersi su se stessa.
-
L’io non è sovrano, ma chiamato a responsabilità: il “me riguarda” è inevitabile, indipendente dalla volontà. Come dirà Lévinas: la parola “io” significa eccomi.
In questo senso, la filosofia di Lévinas è un ribaltamento della centralità ontologica: non l’essere al centro, ma l’etica. L’ontologia heideggeriana viene superata da una “etica come filosofia prima”.
4. Atene e Gerusalemme: le due radici del pensiero europeo
Uno degli aspetti più originali del pensiero lévinasiano è il costante dialogo tra logos filosofico e logos biblico. Lévinas non riduce la filosofia a teologia, né la religione a morale; piuttosto cerca una tensione feconda tra Atene e Gerusalemme.
La filosofia occidentale, da Platone a Heidegger, ha privilegiato l’essere, la totalità, la comprensione del mondo come oggetto. La tradizione biblica, al contrario, pone al centro la responsabilità e la risposta all’appello dell’Altro.
Per Lévinas, solo integrando questi due poli il pensiero europeo può sfuggire alla crisi: contro la tentazione totalizzante dei sistemi, la santità dell’Altro diventa il punto di partenza per ripensare la comunità, la giustizia, la convivenza.
5. Distanza dal ’68 e impegno nella modernità
All’indomani delle contestazioni studentesche del 1968, Lévinas prende le distanze da un movimento che, nel nome della liberazione, finiva per dissolvere ogni valore in quanto “borghese”. La sua posizione rimane critica ma coerente: egli non accetta né il dogmatismo dei sistemi chiusi né il relativismo assoluto che annulla ogni senso.
Il Premio Balzan per la Filosofia (1989) riconoscerà questa originalità: Lévinas rappresenta “un’alternativa geniale e affascinante” sia alla rigidità dei totalitarismi ideologici che alle derive nichiliste del postmoderno.
6. L’eredità filosofica
Lévinas lascia una lezione fondamentale: la filosofia non deve ridursi né a metafisica astratta né a analisi linguistica, ma deve tornare a misurarsi con l’esperienza concreta della responsabilità.
La sua riflessione ha avuto grande impatto su pensatori come Derrida, Ricoeur e Marion, e ha contribuito a ripensare categorie etiche, politiche e persino giuridiche.
Oggi, in un’epoca segnata da crisi globali e nuove forme di esclusione, la centralità del volto dell’Altro appare come un invito radicale a ripensare la convivenza: non come coesistenza tra individui sovrani, ma come responsabilità reciproca.
Conclusione
Emmanuel Lévinas rappresenta una delle voci più originali e necessarie del pensiero del Novecento. La sua opera non è facilmente classificabile, perché attraversa filosofia, teologia, etica e politica.
Ma la sua tesi resta dirompente: prima dell’ontologia, prima della politica, prima della scienza, vi è l’etica, intesa come responsabilità incondizionata verso l’Altro. In questa inversione di prospettiva risiede la sua forza critica, capace di offrire ancora oggi una risposta alla crisi del senso e al rischio di riduzione dell’uomo a oggetto.
In un tempo che oscilla tra fondamentalismi e nichilismi, Lévinas ci ricorda che il senso nasce nello sguardo dell’altro che ci interpella. L’io esiste solo come risposta: Eccomi.
