sabato 18 ottobre 2025

Corso di storia della filosofia: Teoria critica


Teoria critica

La teoria critica, sviluppata principalmente dai pensatori della Scuola di Francoforte nel corso del XX secolo, rappresenta un approccio filosofico e sociologico volto a comprendere e trasformare la società. A differenza delle teorie tradizionali, che si limitano a descrivere o spiegare i fenomeni sociali, la teoria critica si propone di svelare le dinamiche di potere e le ideologie dominanti, con l’obiettivo ultimo di promuovere l’emancipazione degli individui.

I principali esponenti di questa corrente includono Max HorkheimerTheodor W. AdornoHerbert MarcuseErich Fromm e, in una fase successiva, Jürgen Habermas. Questi autori, influenzati dal marxismo, dalla psicoanalisi freudiana e dalla filosofia idealista tedesca, hanno cercato di ripensare il marxismo alla luce dei cambiamenti storici e culturali del Novecento, soprattutto dopo il fallimento delle rivoluzioni proletarie in Occidente e l’ascesa del fascismo e del totalitarismo.

Al centro della teoria critica vi è la critica alla società capitalista avanzata, vista non solo come fonte di disuguaglianze economiche, ma anche come sistema che produce alienazioneconformismo e colonizzazione della coscienza attraverso i mezzi di comunicazione di massa e le strutture culturali. In questo contesto, Adorno e Horkheimer parlano di industria culturale per indicare la trasformazione della cultura in merce, che standardizza gusti e comportamenti, rafforzando il dominio sociale anziché favorire la riflessione critica.

Herbert Marcuse, in opere come L’uomo a una dimensione, denuncia la perdita della capacità di pensare in modo alternativo in una società dominata dalla tecnologia e dal consumismo, dove anche il dissenso tende a essere assorbito dal sistema.

Un’evoluzione significativa si ha con Jürgen Habermas, che cerca di fondare una teoria critica della società basata sulla ragione comunicativa. Secondo Habermas, la razionalità non va identificata solo con la tecnica e l’efficienza, ma anche con la capacità degli individui di dialogare liberamente, in condizioni di simmetria e trasparenza, per costruire insieme norme e significati condivisi.

In sintesi, la teoria critica si distingue per il suo approccio interdisciplinare e normativo, che unisce filosofia, sociologia, psicologia e critica culturale. Il suo obiettivo non è solo comprendere il mondo, ma anche mettere in discussione le strutture di potere che lo regolano, favorendo l’autonomia, la libertà e la giustizia sociale.


Corso di storia della filosofia: Strutturalismo


Strutturalismo

Lo strutturalismo è un approccio teorico e metodologico che ha avuto una profonda influenza su molte discipline, tra cui la filosofia, la linguistica, l’antropologia, la psicoanalisi e la critica letteraria, soprattutto nella seconda metà del XX secolo.

Origini filosofiche e contesto

Lo strutturalismo nasce in ambito linguistico, in particolare con le teorie di Ferdinand de Saussure, che distingue tra:

  • Langue (sistema linguistico condiviso)
  • Parole (uso individuale della lingua)

Saussure sostiene che la lingua è un sistema di relazioni differenziali tra segni, e che ogni elemento linguistico acquista significato solo in rapporto agli altri elementi del sistema.

Questa idea viene estesa in filosofia e in altre scienze umane: ciò che conta non è il contenuto in sé, ma la struttura che lo regola.

Principi fondamentali dello strutturalismo

  1. Primato della struttura sul contenuto: il significato di un fenomeno dipende dalla posizione che occupa all’interno di una struttura più ampia.
  2. Sincronia piuttosto che diacronia: si privilegia l’analisi di sistemi in un dato momento piuttosto che la loro evoluzione storica.
  3. Relazioni e opposizioni binarie: le strutture sono spesso composte da opposizioni fondamentali (es. vita/morte, natura/cultura, maschile/femminile).
  4. Universalismo: si cerca di individuare strutture comuni a tutte le culture o linguaggi.

 Autori chiave in filosofia e scienze umane

🔹 Claude Lévi-Strauss (antropologia strutturale)

  • Analizza i miti, i riti e i sistemi di parentela come strutture mentali comuni a tutte le culture.
  • Sostiene che il pensiero umano ha una struttura inconscia universale, organizzata in termini binari.

🔹 Michel Foucault (archeologia del sapere)

  • Studia le "strutture del discorso" che governano ciò che può essere pensato o detto in un'epoca.
  • In "Le parole e le cose", mostra come le episteme cambino radicalmente nel tempo, ma restino sempre strutturate.

🔹 Jacques Lacan (psicoanalisi strutturale)

  • Rilegge Freud alla luce di Saussure, sostenendo che l’inconscio è strutturato come un linguaggio.
  • Introdusse concetti come il Nome-del-Padre, il Simbolico, l’Immaginario e il Reale.

🔹 Louis Althusser (marxismo strutturale)

  • Rifiuta la visione storicista e umanista di Marx, proponendo un marxismo anti-soggettivista, basato su strutture ideologiche e sociali che formano il soggetto.

Strutturalismo vs Post-strutturalismo

Negli anni ’70, molti pensatori si allontanano dallo strutturalismo, criticandone l’eccessiva rigidità e il determinismo. Nasce così il post-strutturalismo, con autori come:

  • Jacques Derrida (decostruzione)
  • Gilles Deleuze
  • Jean-François Lyotard

Questi autori mettono in discussione l’idea di struttura fissa e pongono l’accento sulla differenza, la molteplicità, l’instabilità del significato.

Conclusione

Lo strutturalismo ha avuto un impatto duraturo nella filosofia contemporanea, spostando l’attenzione dal soggetto alla struttura, dalla storia alla sincronia, dal significato al sistema. Ha contribuito a decentrale l’uomo come misura di tutte le cose e ha preparato il terreno per le filosofie della differenza e del linguaggio.



Corso di storia della filosofia: Neomarxismo


Neomarxismo

Il neo-marxismo è un ampio e articolato movimento filosofico e politico che, a partire dal Novecento, ha reinterpretato e aggiornato il pensiero di Karl Marx alla luce delle trasformazioni sociali, culturali ed economiche del mondo moderno. Non si tratta di una scuola unitaria, ma di una galassia di approcci critici che mantengono l’impianto teorico marxiano (centralità dei rapporti di produzione, critica al capitalismo, emancipazione delle classi subalterne), ma lo integrano con nuovi strumenti concettuali provenienti da altri ambiti, come la sociologia, la psicoanalisi, la filosofia del linguaggio, l’ecologia e gli studi culturali.

Ecco una panoramica essenziale del neo-marxismo in filosofia:


📚 Origini e contesto storico

Il neo-marxismo nasce come reazione critica al marxismo ortodosso (soprattutto quello sovietico) che aveva irrigidito e dogmatizzato la teoria di Marx, riducendola a una dottrina economica deterministica. I neo-marxisti contestano questa visione meccanicistica e propongono invece una lettura più flessibile, aperta ai mutamenti storici e alla complessità della società.


🧠 Caratteristiche filosofiche del neo-marxismo

  • Critica della società capitalista, ma ampliata oltre l’economia, includendo cultura, ideologia, istituzioni e forme di controllo sociale.
  • Rifiuto del determinismo economico: non è solo la base materiale a spiegare i fenomeni storici; anche sovrastrutture (politica, cultura, religione) hanno una loro autonomia.
  • Centralità della coscienza e dell’alienazione: forte attenzione alla soggettività, alla manipolazione culturale e ai processi di interiorizzazione del dominio.
  • Interdisciplinarietà: il marxismo dialoga con la psicoanalisi (Freud), l’esistenzialismo, la fenomenologia, lo strutturalismo, la teoria critica.

🏛️ Scuola di Francoforte – Il cuore del neo-marxismo

Il gruppo più influente è senza dubbio la Scuola di Francoforte, fondata negli anni ’30 presso l’Istituto per la Ricerca Sociale.

Principali esponenti:

  • Max Horkheimer e Theodor W. Adorno: sviluppano la "teoria critica" che analizza le forme di dominio nella società contemporanea, anche nelle sue espressioni culturali (industria culturale, consumo di massa, manipolazione).
  • Herbert Marcuse: interpreta Marx attraverso Freud; critica la società opulenta che anestetizza il conflitto sociale; elabora l’idea di “uomo unidimensionale”.
  • Walter Benjamin: coniuga marxismo e misticismo; propone una critica estetica e storica del capitalismo; celebre il suo saggio sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
  • Jürgen Habermas: supera il marxismo classico proponendo una filosofia del linguaggio e dell’agire comunicativo; si concentra sul potenziale emancipativo del dialogo e della razionalità comunicativa.

🌍 Altri sviluppi e influenze

  • Antonio Gramsci (Italia): benché anteriore alla Scuola di Francoforte, è fondamentale per il neo-marxismo. Con la teoria dell’egemonia culturale, analizza come le classi dominanti mantengano il potere attraverso consenso, non solo coercizione.
  • Louis Althusser (Francia): marxismo strutturalista, rifiuta l’umanesimo marxiano e introduce la nozione di “apparati ideologici di Stato”.
  • Fredric Jameson, Terry Eagleton, David Harvey: sviluppano il neo-marxismo in ambito culturale, urbanistico e letterario.
  • Herbert Marcuse e Erich Fromm (psicoanalisi marxista): analizzano i meccanismi di controllo sociale interni al soggetto.

🧩 Temi chiave del neo-marxismo

  • Cultura come luogo di lotta politica (cultural studies)
  • Manipolazione e passività delle masse (industria culturale)
  • Forme di alienazione postmoderna
  • Nuove soggettività e movimenti sociali (studenti, femminismo, ecologismo)
  • Crisi della razionalità moderna e della democrazia liberale

Corso di storia della filosofia: Filosofia analitica


Filosofia analitica

La filosofia analitica è una corrente che si è sviluppata principalmente nei paesi anglosassoni a partire dall’inizio del XX secolo, distinguendosi per l’approccio rigoroso, logico e linguistico ai problemi filosofici. A differenza delle tradizioni più continentali e speculative, la filosofia analitica mira a chiarire i concetti attraverso l’analisi del linguaggio, considerando molti problemi filosofici come il risultato di confusioni linguistiche o concettuali.

Tra i suoi principali fondatori troviamo Bertrand Russell, che ha introdotto un metodo logico-matematico nella filosofia, applicando gli strumenti della logica formale allo studio del linguaggio e della conoscenza. Insieme ad Alfred North Whitehead, Russell ha scritto i Principia Mathematica, un’opera monumentale che tenta di fondare l’aritmetica sulla logica pura. La sua ricerca si estende anche alla teoria della conoscenza, con l’intento di distinguere tra ciò che è logicamente certo e ciò che è solo empiricamente verificabile.

Un altro protagonista fondamentale è Ludwig Wittgenstein, che ha avuto un ruolo di svolta in due fasi distinte. Nel Tractatus logico-philosophicus, Wittgenstein sostiene che il linguaggio ha il compito di rappresentare i fatti del mondo attraverso proposizioni logiche, e che ciò che non può essere detto chiaramente deve essere taciuto. In una seconda fase, però, con le Ricerche filosofiche, egli abbandona l’idea di un linguaggio rigidamente logico e propone un’analisi dei giochi linguistici, mettendo in luce la molteplicità e la varietà dei modi in cui il linguaggio è usato nella vita quotidiana.

Un altro esponente importante è G.E. Moore, noto per la sua difesa del realismo filosofico e per il suo approccio chiaro e diretto ai problemi morali e conoscitivi. Moore si opponeva al linguaggio oscuro e astratto di molta filosofia idealista, sostenendo la necessità di definizioni precise e di un linguaggio ordinario ben analizzato come base per l’indagine filosofica.

Nel corso del tempo, la filosofia analitica si è evoluta, ampliando il proprio campo d’indagine: dalla logica e la semantica si è passati alla filosofia della mente, all’etica, all’epistemologia e persino all’estetica. Ciò che accomuna gli esponenti di questa tradizione è l’impegno per la chiarezza, l’argomentazione rigorosa e la discussione critica e sistematica dei concetti.

In sintesi, la filosofia analitica non è tanto una scuola unitaria quanto un metodo, un atteggiamento filosofico che privilegia l’analisi e la precisione. Essa ha profondamente influenzato il pensiero contemporaneo, divenendo il punto di riferimento principale nelle università anglofone e contribuendo in modo decisivo al dialogo tra filosofia, scienza e logica.

Corso di storia della filosofia: Esistenzialismo


Esistenzialismo

L’esistenzialismo è una corrente filosofica che si sviluppa soprattutto nel XX secolo e che pone al centro della riflessione il singolo individuo, la sua esistenza concreta, la libertà e la responsabilità di fronte a un mondo privo di significato oggettivo o predeterminato. In contrasto con le filosofie sistematiche del passato, l’esistenzialismo rifiuta ogni idea di natura umana universale o di destino prestabilito, sottolineando invece il carattere drammatico, incerto e aperto della vita umana.

Uno dei principali esponenti di questa corrente è Jean-Paul Sartre, il quale afferma che “l’esistenza precede l’essenza”: non nasciamo con un’identità o uno scopo già definiti, ma siamo chiamati a creare noi stessi attraverso le nostre scelte. Ogni essere umano, secondo Sartre, è condannato a essere libero, ossia costretto ad assumersi la piena responsabilità delle proprie azioni, senza potersi rifugiare in valori assoluti o autorità esterne.

In questa prospettiva, la libertà individuale non è un dono rassicurante, ma una condizione che può generare angoscia, perché implica che ognuno è artefice del proprio destino. Di fronte a un universo muto e privo di senso, l’uomo esistenzialista deve assumersi il compito di dare senso alla propria vita, agendo in modo autentico e coerente.

Accanto a Sartre, anche Albert Camus ha sviluppato una riflessione esistenzialista, pur preferendo definirsi un pensatore dell’assurdo. Secondo Camus, la condizione umana è segnata da un conflitto irrisolvibile tra il desiderio di significato e il silenzio del mondo. In opere come Il mito di Sisifo, egli invita l’uomo a non cedere alla disperazione, ma a ribellarsi contro l’assurdità dell’esistenza con lucida consapevolezza e dignità.

Simone de Beauvoir, infine, ha arricchito l’esistenzialismo con una prospettiva femminista, evidenziando come le donne siano state storicamente ridotte all’“Altro” rispetto all’uomo. In Il secondo sesso, de Beauvoir afferma che la donna, come l’uomo, deve assumere la propria libertà e non lasciarsi definire da ruoli imposti dalla società.

In conclusione, l’esistenzialismo è una filosofia che non offre certezze, ma invita ciascuno a vivere con responsabilità, autenticità e consapevolezza, affrontando la propria libertà come una sfida esistenziale e morale.

Corso di storia della filosofia: Fenomenologia


Fenomenologia

La fenomenologia è una corrente filosofica nata all'inizio del XX secolo grazie al lavoro di Edmund Husserl, che ne ha delineato i principi fondamentali. Il suo obiettivo è quello di indagare l’esperienza umana nella sua forma più pura, mettendo da parte pregiudizi e interpretazioni preconcette per arrivare alla “cosa stessa”: il fenomeno, così come si manifesta alla coscienza.

Husserl propone un metodo rigoroso chiamato riduzione fenomenologica, attraverso il quale si sospende ogni giudizio sull’esistenza oggettiva delle cose (epoché) per concentrarsi esclusivamente su come le cose appaiono nell’esperienza vissuta. La coscienza, in questo senso, è sempre intenzionale: è coscienza di qualcosa, sempre rivolta verso un oggetto, un mondo, un significato.

La fenomenologia non è solo un metodo descrittivo, ma anche un tentativo di fondare la conoscenza su basi certe, partendo dall’esperienza diretta. Per Husserl, esplorare la struttura della coscienza significa anche gettare luce su concetti fondamentali come tempo, percezione, memoria, immaginazione.

Il progetto husserliano è stato ripreso e trasformato da filosofi come Martin Heidegger, che ha introdotto una prospettiva più ontologica. In Essere e tempo, Heidegger si concentra sull’esistenza concreta dell’essere umano, che chiama esserci (Dasein), e sulla sua apertura al mondo. Mentre Husserl si interrogava sulla coscienza, Heidegger si chiede che cosa significa essere, riportando la filosofia al problema dell’essere e dell’orizzonte temporale in cui si dà l’esistenza umana.

Anche Jean-Paul Sartre, pur essendo noto soprattutto come esistenzialista, ha inizialmente lavorato in ambito fenomenologico. Nella sua opera L’essere e il nulla, Sartre utilizza il metodo fenomenologico per analizzare la coscienza e la libertà, distinguendo tra l’“essere in sé” delle cose e l’“essere per sé” della coscienza, che è sempre in divenire e mai coincidente con sé stessa.

In sintesi, la fenomenologia ha segnato una svolta nella filosofia contemporanea, spostando l’attenzione dal mondo esterno al modo in cui il mondo viene esperito. Essa ha influenzato profondamente discipline come la psicologia, la sociologia, la pedagogia, e ha aperto la strada a nuove forme di pensiero, tra cui l’esistenzialismo, l’ermeneutica e la filosofia della mente.

Corso di storia della filosofia: Storicismo


STORICISMO FILOSOFICO

La realtà umana si comprende solo attraverso la storia

 Cos’è lo storicismo?

Lo storicismo è una corrente filosofica secondo cui ogni realtà umana – idee, valori, istituzioni, cultura – può essere compresa solo nel suo sviluppo storico.

🧭 La verità non è atemporale o assoluta, ma storicamente situata.

 Principi fondamentali

  • Centralità della storia: la realtà è un processo in divenire
  • Contestualismo: ogni concetto va compreso nel proprio contesto storico
  • Relativismo storico: non esistono verità eterne, ma verità storiche
  • Identità tra ragione e storia: il pensiero si sviluppa nella storia
  • Critica all’astrazione: rifiuto di principi universali avulsi dal tempo

Origini e sviluppi

Epoca Autori chiave Contributo
Antichità Polibio, Agostino Prime riflessioni cicliche o provvidenziali
Idealismo tedesco (XIX sec.) G. W. F. Hegel La Storia come manifestazione dello Spirito razionale
Storicismo tedesco Wilhelm Dilthey Contrappone scienze storiche (Geisteswissenschaften) alle scienze naturali
Storicismo italiano Benedetto Croce, Giovanni Gentile “Tutto è storia”: la realtà è atto storico dello spirito
XX sec. Collingwood, Ortega y Gasset, Gadamer Filosofia della storia, ermeneutica, crisi della modernità

🔍 Storicismo vs. altre correnti

Corrente Contrasto con lo storicismo
Razionalismo Cerca verità eterne → lo storicismo rifiuta
Scientismo Riduce il sapere a scienza oggettiva → lo storicismo valorizza le scienze dello spirito
Materialismo storico (Marx) Condivide l’idea di storia come processo, ma con leggi oggettive → lo storicismo classico è antideterminista
Positivismo Vede la storia come accumulo lineare di progresso → lo storicismo la vede come processo complesso e non sempre razionale

Frasi emblematiche

  • Croce: “Tutta la storia è storia contemporanea”
  • Dilthey: “Noi spieghiamo la natura, comprendiamo la vita”
  • Hegel: “Ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale”

 In sintesi

Aspetto Storicismo
Oggetto di studio La storia come chiave di comprensione
Metodo Contestualizzazione, interpretazione
Visione della verità Storicamente determinata
Filosofi centrali Hegel, Dilthey, Croce, Gentile
Campo d’influenza Filosofia, pedagogia, storiografia, etica


Corso di storia della filosofia: Vitalismo


VITALISMO FILOSOFICO

La vita come forza originaria, creativa e irriducibile

Cos’è il vitalismo?

Il vitalismo è una corrente filosofica secondo cui la vita non può essere spiegata interamente attraverso leggi meccaniche, fisico-chimiche o razionali. Esisterebbe una forza o principio irriducibile – spesso chiamato forza vitale – che anima e organizza i viventi.

⚠️ Si oppone sia al materialismo meccanicista (che riduce la vita a fenomeni fisici), sia all’idealismo razionalista (che privilegia lo spirito o la ragione come unica fonte della realtà).

Principi chiave del vitalismo

  • Centralità della vita come fenomeno unico e non riducibile a parti o funzioni
  • Critica al determinismo scientifico e alle spiegazioni puramente fisiche o biologiche
  • Affermazione di un principio attivo, creativo, interno alla natura
  • Importanza dell’intuizione, della volontà e dell’esperienza vissuta

 I principali filosofi vitalisti

Filosofo Periodo Contributo chiave
Aristotele IV sec. a.C. L’anima come principio vitale (entelechia)
Paracelso XVI sec. Visione organica e spirituale della natura
Leibniz XVII sec. Le monadi come forze vitali individuali
Goethe XVIII-XIX sec. Concezione olistica della natura e dello sviluppo
Arthur Schopenhauer XIX sec. Volontà di vivere come forza cieca e universale
Friedrich Nietzsche XIX sec. Volontà di potenza come impulso creativo e vitale
Henri Bergson XIX-XX sec. Élan vital e durata reale: la vita come slancio creativo
Hans Driesch XX sec. Difende l’esistenza di un principio vitale biologico (entelechia)

Vitalismo vs. Positivismo

Il vitalismo è spesso una reazione critica al positivismo, che riduce la vita a leggi scientifiche:

  • Vitalismo: la vita eccede la scienza
  • Positivismo: la scienza spiega tutto

 Impatto e sviluppi

  • Influenza su filosofia dell’esistenza (Heidegger, Jaspers)
  • Stimoli alla filosofia della biologia e all’etica della vita
  • Rilancio nella bioetica contemporanea, nei dibattiti su intelligenza artificiale e postumanesimo

Corso di storia della filosofia: Utilitarismo


Utilitarismo 

L’utilitarismo è una teoria etica che valuta la moralità delle azioni in base alle conseguenze che producono, in particolare rispetto alla felicità o al benessere che generano. In altre parole, un’azione è giusta se produce la massima felicità per il maggior numero di persone.

Idee fondamentali

1. Consequenzialismo

  • Il bene o il male di un’azione dipende dalle sue conseguenze, non dalle intenzioni o dalle regole.

2. Principio di utilità

  • Il criterio supremo dell’etica è la massimizzazione dell’utilità, intesa come piacere, felicità o assenza di sofferenza.

3. Universalismo etico

  • Ogni individuo conta allo stesso modo: la felicità di ciascuno ha lo stesso peso morale.

Autori principali

🔹 Jeremy Bentham (1748–1832)

  • Fondatore dell’utilitarismo classico.
  • Formula il calcolo edonistico: propone di misurare la felicità prodotta da un’azione secondo criteri come intensità, durata, certezza, prossimità, fecondità e purezza.
  • Slogan famoso: “Il massimo della felicità per il massimo numero di persone.”

🔹 John Stuart Mill (1806–1873)

  • Raffina l’utilitarismo di Bentham, distinguendo tra piaceri superiori (intellettuali) e piaceri inferiori (fisici).
  • Sottolinea che qualità e non solo quantità del piacere devono essere considerate.
  • Difende l’utilitarismo anche in ambito politico, come base del liberalismo e della tutela delle libertà individuali.

🔹 Henry Sidgwick (1838–1900)

  • Cerca di armonizzare l’utilitarismo con l’etica del dovere kantiana, dando una formulazione più sistematica del principio di utilità.

Utilitarismo contemporaneo

🔹 Peter Singer

  • Applica l’utilitarismo alle sfide etiche contemporanee: diritti degli animali, altruismo efficace, etica ambientale, bioetica.
  • Sostiene che ignorare la sofferenza degli animali o dei poveri del mondo è moralmente ingiustificabile.

🔹 Utilitarismo negativo

  • Versione proposta da Karl Popper e altri: l’obiettivo non è massimizzare la felicità, ma ridurre al minimo la sofferenza.

Critiche all’utilitarismo

  1. Problema dei diritti individuali

    • Il bene della maggioranza potrebbe giustificare gravi ingiustizie verso i singoli (es. sacrificare una persona per salvare molte).
  2. Difficoltà del calcolo

    • È spesso impossibile prevedere tutte le conseguenze e quantificare felicità e dolore.
  3. Imparzialità eccessiva

    • Trattare tutti allo stesso modo può ignorare relazioni personali e doveri speciali (es. verso familiari o amici).

Conclusione

L’utilitarismo è una delle teorie morali più influenti della filosofia occidentale, soprattutto per la sua praticità e il suo orientamento al bene collettivo. Ha contribuito in modo determinante alla nascita dell’etica pubblica moderna e rimane centrale nei dibattiti su giustizia sociale, diritti, politiche sanitarie, ambientalismo, IA e bioetica.


Corso di storia della filosofia: Materialismo


Materialismo

Il materialismo è una corrente filosofica che interpreta l’intera realtà — inclusa la mente e la coscienza umana — in termini puramente materiali e fisici. Secondo questa visione, non esistono entità spirituali o immateriali, e ogni fenomeno può essere spiegato ricorrendo a leggi naturali, meccaniche e corporee. Si tratta di un orientamento che ha avuto particolare rilievo in età moderna, quando il successo della scienza sperimentale ha portato molti pensatori a ridurre il mondo a materia in movimento.

Tra i protagonisti di questa visione troviamo Thomas Hobbes, il quale considerava la realtà come un grande meccanismo in cui tutto, compreso il pensiero umano, è il risultato di movimenti fisici del corpo. Per Hobbes, anche le passioni, le emozioni e le decisioni morali sono riconducibili a impulsi materiali che si sviluppano nel cervello. L’uomo stesso è visto come una macchina, che obbedisce a leggi naturali analoghe a quelle che regolano il moto dei corpi.

Ancora più radicale è stato Julien Offray de La Mettrie, autore dell’opera L’homme machine (“L’uomo macchina”), in cui sviluppa una visione meccanicistica e materialista della natura umana. Secondo La Mettrie, non c’è alcuna differenza essenziale tra l’uomo e gli animali: tutto ciò che l’uomo fa — pensare, parlare, desiderare — è effetto di movimenti corporei. Persino la coscienza, che molti filosofi ritenevano immateriale, è per lui una funzione del cervello, una “secrezione” della materia, proprio come la bile è una secrezione del fegato.

Il materialismo moderno ha avuto un impatto duraturo sul pensiero scientifico e filosofico, contribuendo a fondare una concezione naturalistica dell’uomo e del mondo. In questo contesto, la mente non è più vista come una sostanza separata dal corpo, ma come un prodotto dell’organizzazione materiale del cervello. Questa prospettiva ha anticipato molte delle idee sviluppate successivamente dalle neuroscienze e dalla filosofia della mente contemporanea.

In sintesi, il materialismo ha rappresentato una rottura decisiva con ogni forma di spiritualismo o dualismo, proponendo una visione del mondo coerente con i principi della scienza moderna e fondata sull’idea che tutto ciò che esiste è materia in movimento, soggetta a leggi naturali universali.


Materialismo storico e dialettico

Il materialismo storico e dialettico, sviluppato da Karl Marx e Friedrich Engels, rappresenta una svolta radicale nella filosofia moderna e ha esercitato un impatto duraturo sul pensiero politico, economico e sociale. A differenza dell’idealismo, che poneva lo spirito o la coscienza al centro della realtà, Marx ed Engels affermano che è la struttura materiale della società – in particolare i rapporti di produzione – a determinare le idee, la cultura e la coscienza.

Alla base di questa visione c’è il principio del materialismo storico, secondo cui la storia dell’umanità è il risultato di processi concreti e materiali, in particolare della lotta tra classi sociali antagoniste. Ogni epoca storica è caratterizzata da un determinato assetto economico — feudale, capitalistico, ecc. — che genera conflitti tra chi detiene i mezzi di produzione (come i proprietari terrieri o i capitalisti) e chi è costretto a vendere il proprio lavoro (come i servi o i proletari).

Questo processo storico non è casuale né lineare, ma segue una logica dialettica, mutuata da Hegel ma completamente ribaltata da Marx in senso materialista. La dialettica, infatti, non si sviluppa tra idee, ma tra forze materiali e sociali: ogni sistema economico genera contraddizioni interne (per esempio, lo sfruttamento del lavoro nel capitalismo) che portano a crisi, trasformazioni e al sorgere di nuove forme sociali.

Il materialismo dialettico, dunque, è il metodo con cui Marx analizza la realtà: un metodo che riconosce il carattere dinamico, contraddittorio e storico dei fenomeni, e che mira non solo a comprenderli, ma anche a trasformarli. Celebre è infatti l’affermazione di Marx secondo cui “i filosofi hanno finora solo interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo”.

Il pensiero marxista ha avuto una portata rivoluzionaria, influenzando profondamente le lotte sociali, i movimenti operai e le teorie politiche del XX secolo. Ha dato origine a numerosi filoni teorici e pratici – dal comunismo alla sociologia critica – e ha contribuito a una nuova visione della storia, vista non come sviluppo di idee astratte, ma come espressione concreta dei rapporti di potere e delle condizioni materiali di vita.

In sintesi, il materialismo storico e dialettico ha rappresentato un potente strumento di analisi del mondo sociale, mettendo al centro l’agire umano, il lavoro, e la lotta per la giustizia e l’emancipazione.

Corso di storia della filosofia: Positivismo


Positivismo

Il positivismo filosofico è un movimento di pensiero nato nel XIX secolo che sostiene che la conoscenza autentica deriva solo dall’esperienza sensibile e dalla scienza, rifiutando la metafisica, le speculazioni astratte e i sistemi non verificabili.

Origini e contesto

Il positivismo si sviluppa in un’epoca di grande fiducia nel progresso scientifico e tecnologico, nel pieno della rivoluzione industriale. La filosofia cerca di adeguarsi al modello delle scienze naturali, puntando sull’osservazione, la sperimentazione e la verifica.

Auguste Comte – Il fondatore del positivismo

Auguste Comte (1798–1857) è considerato il padre del positivismo. Secondo lui, la società e la storia si evolvono attraverso tre stadi:

  1. Teologico: il mondo è spiegato con l’intervento di divinità.
  2. Metafisico: le cause sono spiegate con entità astratte.
  3. Positivo: si basa sull’osservazione, l’esperimento e la scienza.

Comte propone anche una nuova “fisica sociale”, che diventerà la sociologia, cioè la scienza che studia i fenomeni sociali con metodo scientifico.

I principi fondamentali del positivismo

  • Solo ciò che è osservabile e verificabile ha valore conoscitivo.
  • Il metodo scientifico è il modello per tutte le discipline, anche quelle umane.
  • La filosofia deve diventare una sintesi delle scienze, non una disciplina autonoma.
  • La religione e la metafisica sono fasi superate della conoscenza umana.

Positivismo e scienza

Il positivismo ispira molti pensatori che cercano di applicare il metodo scientifico alla psicologia, alla sociologia, all’economia e al diritto. Nasce l’idea di una società organizzata razionalmente secondo i principi della scienza.

Sviluppi successivi

Nel XX secolo, il positivismo evolve in:

  • Neo-positivismo o positivismo logico (es. il Circolo di Vienna), che unisce scienza e logica formale.
  • Critiche post-positiviste (Kuhn, Popper, Feyerabend), che mettono in dubbio l’oggettività della scienza e il suo progresso lineare.

Corso di storia della filosofia: Idealismo tedesco

Idealismo tedesco L’ idealismo tedesco  è una delle correnti filosofiche più influenti tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Nato...