mercoledì 14 maggio 2025

Corso di storia della filosofia: Barthes 1915

Roland Barthes 1915

Roland Barthes e la critica del segno:
semiologia, letteratura e società

Introduzione

Roland Barthes (Cherbourg, 1915 – Parigi, 1980) è una delle figure più influenti del pensiero critico del Novecento. Saggista, critico letterario, linguista e semiologo, egli ha incarnato in maniera paradigmatica il passaggio dalla critica letteraria tradizionale alla nuova critica francese, orientata al strutturalismo e successivamente al post-strutturalismo¹. Barthes ha saputo coniugare l’analisi dei testi con un’indagine più ampia sulle strutture del linguaggio, della cultura e della società contemporanea, aprendo un dialogo fecondo tra letteratura, linguistica, filosofia e antropologia.


Formazione e carriera

Laureato in lettere classiche alla Sorbona, Barthes iniziò la sua attività come docente nei licei di Biarritz e Parigi. Successivamente divenne lettore all’Università di Alessandria d’Egitto, e ricercatore al CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique). Nel corso della sua carriera accademica, ricoprì ruoli di crescente prestigio: responsabile di ricerca, direttore degli studi presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales e, infine, titolare della cattedra di Semiologia letteraria al Collège de France dal 1977 fino alla morte². Parallelamente, collaborò con riviste culturali come Esprit e Tel Quel, divenendo un intellettuale di riferimento nel dibattito critico del dopoguerra.


La svolta del "grado zero"

Il primo testo di ampio respiro, Le degré zéro de l’écriture (Il grado zero della scrittura, 1953), segna l’avvio di una riflessione radicale sulla letteratura. Barthes sostiene che la scrittura non è mai neutra: ogni scelta stilistica implica una presa di posizione ideologica³. In particolare, individua un “grado zero” corrispondente a una scrittura vicina al linguaggio parlato, che si presenta come apparente neutralità, ma che a sua volta è storicamente determinata. Con questo testo, Barthes apre la strada a una critica che rifiuta l’idea romantica di spontaneità letteraria e riconosce la scrittura come sistema di segni carico di valori.


Semiologia e analisi dei miti

Un secondo momento fondamentale della sua produzione è rappresentato da Mythologies (Miti d’oggi, 1957). In questa raccolta di brevi saggi, Barthes indaga fenomeni della cultura di massa – dalla lotta greco-romana al volto di Greta Garbo – per mostrare come gli oggetti quotidiani vengano trasformati in miti moderni. Attraverso il linguaggio pubblicitario, mediatico e iconico, la società borghese costruisce forme di naturalizzazione ideologica, che mascherano i rapporti di potere dietro l’apparente innocenza delle immagini⁴. Qui emerge il progetto di una semiologia generale, ovvero lo studio sistematico dei segni al di là della sola dimensione linguistica.


Strutturalismo e oltre

Negli anni Sessanta, Barthes si colloca nel cuore del dibattito strutturalista. Con Éléments de sémiologie (1964) tenta di applicare al linguaggio della cultura i principi della linguistica saussuriana, definendo i concetti di “significante” e “significato” come strumenti per comprendere i fenomeni culturali⁵. Parallelamente, con Critique et vérité (1966) attacca la critica tradizionale, accusandola di essere troppo filologica e poco consapevole del carattere testuale e plurale della letteratura.

La pubblicazione de Le système de la mode (1967) porta la semiologia a confrontarsi con un ambito specifico, quello della moda, intesa come linguaggio strutturato e complesso. Qui Barthes dimostra che il sistema dell’abbigliamento funziona come un codice dotato di proprie regole di significazione, e che persino le scelte estetiche quotidiane possono essere analizzate con gli strumenti della linguistica.


L’Impero dei segni e la decostruzione dell’Occidente

Con L’Empire des signes (1970), Barthes si rivolge al Giappone, osservato come spazio simbolico alternativo all’Occidente. Più che una descrizione etnografica, il testo costruisce un “sistema segnico altro”, che mette in crisi le categorie eurocentriche di linguaggio e rappresentazione. Questa apertura all’alterità segna una transizione dal rigore strutturalista a una prospettiva più decostruttiva, che prefigura il pensiero post-strutturalista⁶.


Barthes e la “morte dell’autore”

Un altro testo fondamentale, La mort de l’auteur (1968), sancisce l’abbandono della concezione tradizionale dell’autore come fonte privilegiata di senso. Secondo Barthes, l’interpretazione non deve cercare un’intenzione autoriale, bensì riconoscere la pluralità del testo come tessuto di citazioni e rimandi. In questo modo, l’attenzione si sposta sul lettore, che diventa il luogo in cui i segni si riorganizzano e prendono vita⁷. Questa prospettiva ha avuto un impatto enorme sulla teoria letteraria contemporanea, aprendo alla ricezione critica e alla centralità del fruitore.


Ultimi scritti e il Barthes autobiografico

Negli ultimi anni, con Fragments d’un discours amoureux (1977) e La chambre claire (1980), Barthes assume una scrittura più personale e soggettiva. La fotografia, in particolare, diventa per lui occasione di meditazione sul tempo, sulla memoria e sulla morte. In queste opere, la semiologia cede il passo a un linguaggio più intimo e lirico, pur mantenendo l’attenzione al segno e alla sua capacità di veicolare emozioni e significati.


Conclusione

Roland Barthes ha attraversato diverse stagioni del pensiero critico, dal rigore strutturalista alla sensibilità post-strutturalista, fino a una scrittura più autobiografica. La sua eredità risiede nella capacità di interrogare i testi – letterari, visivi, culturali – non come oggetti chiusi ma come campi aperti di significazione. Attraverso la critica dei miti, la teoria semiologica e la riflessione sul ruolo del lettore, Barthes ha contribuito a ridefinire il rapporto tra linguaggio e potere, tra cultura e società. La sua opera resta un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia comprendere le dinamiche della comunicazione e del segno nella modernità.


Note

  1. R. Barthes, Le degré zéro de l’écriture, Paris, Seuil, 1953.

  2. A. Compagnon, Le démon de la théorie, Paris, Seuil, 1998.

  3. T. Todorov, Critique de la critique, Paris, Seuil, 1984.

  4. R. Barthes, Mythologies, Paris, Seuil, 1957.

  5. F. Dosse, Histoire du structuralisme, Paris, La Découverte, 1991.

  6. R. Barthes, L’Empire des signes, Paris, Flammarion, 1970.

  7. R. Barthes, “La mort de l’auteur”, in Le Bruissement de la langue, Paris, Seuil, 1984.


Bibliografia essenziale

  • Barthes, Roland, Éléments de sémiologie, Paris, Seuil, 1964.

  • Barthes, Roland, Le système de la mode, Paris, Seuil, 1967.

  • Barthes, Roland, La chambre claire, Paris, Seuil, 1980.

  • Compagnon, Antoine, Le démon de la théorie, Paris, Seuil, 1998.

  • Dosse, François, Histoire du structuralisme, Paris, La Découverte, 1991.

  • Todorov, Tzvetan, Critique de la critique, Paris, Seuil, 1984.


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