lunedì 31 marzo 2025

Corso storia della filosofia: 77 Mill 1806

John Stuart Mill 1806


John Stuart Mill (1806–1873): la libertà come fondamento del progresso

Nato a Londra nel 1806, John Stuart Mill è il figlio prodigio dell’utilitarista James Mill e l’erede più raffinato del pensiero di Jeremy Bentham. Educato in modo rigoroso, già da giovane dimostra un’intelligenza fuori dal comune, ma sarà solo dopo una crisi esistenziale che svilupperà una filosofia umanistica, attenta non solo all’utile, ma anche alla qualità della vita interiore.

Mill è soprattutto il filosofo della libertà individuale. Nell’opera “On Liberty” (1859) elabora una delle più alte difese della libertà moderna: ogni individuo deve poter esprimere se stesso, fintanto che non danneggia gli altri. La società non deve reprimere l’originalità, ma anzi favorire il confronto delle opinioni, condizione essenziale per il progresso. Senza libertà di pensiero, scrive Mill, non c’è verità, ma solo conformismo.

In campo etico, perfeziona l’utilitarismo: non si tratta più solo di massimizzare il piacere, ma di qualificare i piaceri. "Meglio essere un uomo insoddisfatto che un maiale soddisfatto", afferma: non tutti i piaceri hanno lo stesso valore, e la cultura, l’amore, l’arte contano più del semplice godimento materiale.

Politicamente, Mill è un riformatore e un femminista ante litteram. Nel saggio “The Subjection of Women” (1869) sostiene l’uguaglianza tra i sessi, denunciando la condizione subalterna delle donne come un’ingiustizia sociale. È tra i primi parlamentari inglesi a battersi per il suffragio femminile.

Mill incarna una visione liberale, razionale e progressista della civiltà: la libertà, l’educazione, il dialogo e la critica sono i motori dell’emancipazione individuale e collettiva.


domenica 30 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 73 Feuerbach 1804

Ludwig Feuerbach 1804


Ludwig Feuerbach (1804–1872): l’uomo che rovesciò Dio

Nel cuore dell’Ottocento tedesco, Ludwig Feuerbach, nato a Landshut nel 1804, si afferma come un pensatore radicale che rompe con l’idealismo hegeliano per affermare il primato dell’uomo sulla divinità. È lui a compiere un gesto intellettuale decisivo: trasformare la teologia in antropologia.

Allievo di Hegel, inizialmente ne abbraccia il sistema dialettico, ma presto se ne allontana per denunciarne l’astrattezza. Nell’opera capitale “L’essenza del Cristianesimo” (1841), Feuerbach sostiene che Dio non è altro che il riflesso idealizzato delle qualità umane: l’uomo proietta fuori di sé i propri desideri, potenze e aspirazioni, dando vita al concetto di divinità. In altre parole: non è Dio a creare l’uomo, ma l’uomo a creare Dio.

Feuerbach è il pensatore della concretezza sensibile, dell’uomo reale in carne e ossa, con i suoi bisogni, affetti e relazioni. Per lui la religione va decodificata come un’espressione simbolica e alienata dell’essere umano: l’alienazione religiosa anticipa, in chiave esistenziale, quella che sarà poi l’alienazione economica di Marx.

Il suo pensiero si fonda su un umanesimo materialista: l’unica verità sta nella natura, nella corporeità, nell’amore e nella comunione umana. La filosofia, dunque, non deve cercare Dio o l’Idea, ma comprendere e liberare l’uomo.

Nonostante sia stato marginalizzato dalla filosofia accademica, Feuerbach influenzò profondamente Marx, Engels, Nietzsche e Freud, aprendo la strada alla “filosofia del sospetto” e a una visione laica e critica della religione.

sabato 29 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 71 Comte 1798

Auguste Comte 1798

Auguste Comte (1798–1857): il filosofo della scienza e dell’ordine

Nel pieno delle trasformazioni rivoluzionarie e industriali dell’Europa ottocentesca, Auguste Comte, nato a Montpellier nel 1798, getta le fondamenta di una nuova scienza: la sociologia. La sua è una filosofia dell’ordine e del progresso, un tentativo monumentale di riconciliare la razionalità scientifica con la coesione sociale in un tempo attraversato da crisi politiche e mutamenti strutturali profondi.

Comte fu allievo di Saint-Simon, da cui mutuò l’idea che la società dovesse essere studiata e diretta secondo princìpi scientifici. Ma fu proprio separandosi dal maestro che elaborò la sua teoria più nota: la legge dei tre stadi, secondo cui ogni sapere umano evolve attraverso tre fasi:

  1. Stadio teologico: il mondo è spiegato attraverso entità soprannaturali.
  2. Stadio metafisico: le spiegazioni si affidano a concetti astratti e forze impersonali.
  3. Stadio positivo: si rinuncia a ogni causa ultima, per descrivere i fenomeni tramite osservazione, esperienza e leggi scientifiche.

Questo approccio culmina nella sua opera maggiore, il Cours de philosophie positive (1830–1842), dove Comte propone una gerarchia delle scienze (matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia, sociologia), culminante proprio nella nuova "fisica sociale", destinata a studiare sistematicamente il comportamento umano e le strutture collettive.

Nel suo pensiero si fondono razionalismo illuminista e una nuova forma di spiritualità laica: nel secondo periodo della sua vita, infatti, Comte propone una vera e propria “religione dell’umanità”, con tanto di calendario, rituali e clero laico. L’Umanità diventa il nuovo oggetto di culto, e il sapere scientifico si fa guida morale.

Comte esercitò un’influenza vasta: da Durkheim a Marx, da Stuart Mill a Carnap, fino alla sociologia contemporanea. Il suo motto – “Ordine e Progresso” – campeggia ancora oggi sulla bandiera del Brasile, testimonianza della sua eredità culturale globale.


venerdì 28 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 69 Schopenhauer 1788

Arthur Schopenhauer 1788

Arthur Schopenhauer filosofo (Danzica 1788- Francoforte sul Meno 1860).

Figlio di un ricco banchiere di fede repubblicana, Heinrich Floris S., e di Johanna Trosiener, seguì la famiglia ad Amburgo quando la sua città natale passò sotto il dominio prussiano (1793). Sebbene non mostrasse alcuna vocazione in tal senso, fu avviato agli studi commerciali dal padre, e dopo la scomparsa improvvisa di quest’ultimo (forse morto suicida), ne curò per qualche tempo gli interessi, mentre sua madre si trasferiva a Weimar e iniziava una fortunata attività letteraria come scrittrice di saggi e romanzi, nonché animatrice di un salotto frequentato da figure di spicco del panorama letterario tedesco (tra cui Goethe). Nel 1809 si iscrisse all’univ. di Gottinga, dove frequentò dapprima i corsi di medicina, poi quelli di filosofia (in partic. di Schulze). Nel 1811, a Berlino, assistendo alle lezioni di Fichte, cominciò a maturare quell’avversione verso l’idealismo postkantiano che in seguito avrebbe assunto aspetti parossistici. Nel 1813 completò la sua dissertazione, Über die vierfache Wurzel des Satzes vom zureichenden Grunde (trad. it. La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente), con cui si laureò a Jena; l’anno seguente, mentre rompeva le relazioni con sua madre, conobbe Goethe, che gli illustrò la sua teoria dei colori (argomento su cui S. pubblicò, nel 1816, il saggio Über das Sehen und die Farben) e l’orientalista F. Mayer, che lo introdusse alla conoscenza della civiltà indiana. Nel 1819, compiuto il suo capolavoro, Die Welt als Wille und Vorstellung (trad. it. Il mondo come volontà e rappresentazione), ottenne la venia docendi nell’univ. di Berlino, ma la esercitò con scarso zelo e poco successo: gli studenti disertavano le sue lezioni e affollavano quelle di Hegel, allora nel pieno della sua fama. L’insuccesso nell’insegnamento inasprì ancora di più il suo disprezzo per l’idealismo; nacque così il violentissimo attacco contro la «filosofia delle università». Trascorso un lungo periodo in Italia, nel 1825 tornò a Berlino, città che lasciò nel 1831, per sfuggire all’epidemia di colera (che avrebbe invece colpito Hegel). Stabilitosi a Francoforte sul Meno, nel 1836 pubblicò Über den Willen in der Natur (trad. it. La volontà della natura) e tre anni dopo, partecipando a un concorso indetto dall’Accademia di Trondheim, ottenne il primo riconoscimento ufficiale con lo scritto Über die Freiheit des menschlichen Willens (trad. it. La libertà del volere umano), che nel 1841 ripubblicò assieme al saggio Über das Fundament der Moral (trad. it. Il fondamento della morale) in un volume dal titolo Die beiden Grundprobleme der Ethik (trad. it. I due problemi fondamentali dell’etica). Nel 1849 S. salutò con favore la repressione militare del movimento liberal-democratico tedesco, posizione, questa, che confermò in punto di morte, lasciando i suoi averi a un Istituto di soccorso per i soldati prussiani feriti e caduti nel corso del «ristabilimento dell’ordine». Due anni più tardi, il successo che accolse la pubblicazione dei Parerga und Paralipomena (trad. it. Parerga e paralipomena) segnò una svolta nella ricezione dei suoi scritti nell’ambiente culturale tedesco; così, la terza edizione del Mondo come volontà e rappresentazione (pubblicata nel 1859, e integrata da una serie di Supplementi) sfuggì al triste destino delle precedenti (la prima era finita al macero). Dopo la sua morte, i lettori delle sue opere – caratterizzate da uno stile pregevole, che rifugge i tecnicismi filosofici e tende talvolta alla forma letteraria, perfino all’afflato poetico – si moltiplicarono, e il suo pensiero fu per molto tempo di moda, preparando l’ambiente spirituale propizio a R. Wagner e a Nietzsche. A tale successo postumo contribuì anche l’attenzione che continuava a suscitare la sua personalità ricca di contrasti, incline alle relazioni sentimentali, nonostante l’irrimediabile pessimismo del credo filosofico e la sua misoginia dichiarata (nonché teorizzata).

La dottrina di S. è principalmente espressa nel Mondo come volontà e rappresentazione. Da Kant S. attinge la generale concezione gnoseologica, che tutto ciò che oggettivamente appare non può essere concepito prescindendo dal soggetto a cui si manifesta, e di cui è «rappresentazione» (Vorstellung). Ma per S. la «cosa in sé» è la volontà, cosicché il mondo si risolve in «volontà e rappresentazione». D’altronde, essendo la radice dell’Universo la volontà, il mondo è condannato a un’imperfezione e insoddisfazione eterna perché in tanto si vuole in quanto si tende a colmare una mancanza, a evitare una deficienza e un dolore. Il quale è, così, intrinseco alla volontà, e cioè alla vita universale: donde il pessimismo, che necessariamente discende da tale concezione. S. si riconnette in tal modo al pensiero orientale e all’ascesi buddistica, designante la volontà dell’individuo come principio del dolore e fonte dell’illusoria fede nel molteplice fenomenico, e invitante al nirvana, nella cui inconsapevole universalità l’individuo si dissolve negando la sua volontà particolare e sottraendosi a quella illusione. Sembrerebbe che, nella concezione di S., non si possa mai uscire dal regno della volontà, dato il suo carattere assoluto e universale; il filosofo parla invece di una negazione della volontà, che può operare lo stesso pensiero dell’uomo in quanto diviene consapevole di tale sua ultima natura: rinuncia sempre maggiore agli interessi vitali, fino alla più compiuta ascesi e indifferenza. Nel campo più immediato dell’umana convivenza, l’etica di S. giustifica peraltro un certo interesse all’azione, in quanto questa possa concorrere ad alleviare il dolore altrui: l’unico fondamento legittimo della morale è quello della comune lotta contro la sofferenza, onde al Leid si accompagna il Mitleid, alla «passione» la «compassione». Esiste comunque anche un altro mezzo, per quanto non così decisivo e costante, di liberazione dal dolore: ed è quello offerto dalla contemplazione estetica. Con singolare intervento di platonismo nel suo idealismo kantiano e romantico, S. pensa che prima delle oggettivazioni del volere, costituite dalle molteplici realtà fenomeniche, si diano oggettivazioni anteriori, come tipi universali di quelle realtà. Esse sono le «idee», al pari di quelle platoniche eterne, immutabili e sottratte alla legge del divenire causale dominante sulle particolari realtà fenomeniche. Contemplare e raffigurare queste idee è quindi vedere la realtà affrancata da quel principio di ragion sufficiente, che la condanna al divenire eterno e cioè all’eterna insoddisfazione della volontà: è, con ciò, un’altra forma di liberazione dal giogo del volere, per quanto non definitiva ma puntuale e saltuaria. Notevole importanza ha poi avuto, soprattutto attraverso Wagner e Nietzsche, la sua concezione della musica. Se infatti l’arte in generale ha il privilegio di attingere direttamente le idee in una forma di contemplazione, che costituisce un superamento dell’individualità e dei limiti inerenti ai rapporti spazio-temporali e causali, la musica è indipendente non solo dal mondo sensibile, ma anche dalle idee poiché riproduce immediatamente la stessa volontà universale; di qui la sua superiorità rispetto alle altre arti che parlano soltanto dell’«ombra», mentre solo la musica parla dell’«essenza».

giovedì 27 marzo 2025

Corso storia della filosofia: 68 Hegel 1770

Friedrich Hegel 1770


Friedrich Hegel nacque il 27 agosto 1770 a Stoccarda, nel Ducato del Württemberg (oggi Germania).
È uno dei più grandi filosofi della storia occidentale ed è considerato il massimo esponente dell’Idealismo tedesco, dopo Kant e Fichte.

Fin da giovane ricevette un'educazione molto solida in filosofia, teologia e lingue classiche. Studiò all’Università di Tubinga, dove strinse amicizia con altri due futuri grandi pensatori: Friedrich Hölderlin (poeta) e Friedrich Schelling (filosofo).

Dopo alcuni anni di difficoltà economiche e lavori secondari (come precettore privato), iniziò a pubblicare le sue opere più importanti e a emergere come uno dei pensatori più influenti.

La sua prima opera fondamentale fu la "Fenomenologia dello spirito" (1807), un libro complesso e rivoluzionario in cui Hegel descrive il cammino della coscienza individuale e collettiva dalla percezione sensibile fino al sapere assoluto.

Caratteristiche principali del pensiero di Hegel:

Dialettica: il motore della realtà è un processo di sviluppo basato su contrasti e superamenti (Tesi → Antitesi → Sintesi).

Assoluto: il fine di tutto è la piena realizzazione dello Spirito Assoluto, che si manifesta attraverso natura, storia, arte, religione e filosofia.

Razionalismo: per Hegel, "tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è reale", celebre frase che riassume il suo ottimismo verso la capacità della ragione umana di comprendere e ordinare il mondo.

Storia: la storia umana è un processo necessario, in cui la libertà si sviluppa e si realizza gradualmente.


Tra le sue opere principali troviamo:

Fenomenologia dello spirito (1807)

Scienza della logica (1812-1816)

Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817)

Lineamenti di filosofia del diritto (1821)


Dal 1818 Hegel divenne professore a Berlino, dove attirò una vasta cerchia di allievi. Dopo la sua morte improvvisa nel 1831 (durante un'epidemia di colera), i suoi discepoli si divisero in destra (conservatrice) e sinistra (più rivoluzionaria), dando origine a molte correnti di pensiero, tra cui il marxismo.

mercoledì 26 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 67 Fichte 1762

Johann Gottlieb Fichte 1762

Johann Gottlieb Fichte nacque il 19 maggio 1762 a Rammenau, in Sassonia (Germania). È considerato uno dei maggiori esponenti dell’Idealismo tedesco, successore diretto del pensiero di Immanuel Kant.

Figlio di una famiglia povera, mostrò fin da giovane un grande talento intellettuale. Grazie al sostegno di un nobile locale, poté studiare presso buone scuole e poi frequentare l'Università di Jena e quella di Leipzig, concentrandosi su filosofia e teologia.

Il vero punto di svolta nella sua carriera avvenne intorno al 1791, quando, mentre studiava Kant, scrisse un'opera intitolata "Saggio di una critica di ogni rivelazione". Questa opera fu inizialmente pubblicata anonimamente e molti la attribuirono a Kant stesso. Quando si scoprì che l’autore era Fichte, la sua fama crebbe rapidamente.

Nel 1794, ottenne la cattedra di filosofia all’Università di Jena, succedendo di fatto a Kant come nuova voce centrale della filosofia. È in questo periodo che sviluppò il suo sistema filosofico personale, che chiamò "dottrina della scienza" (Wissenschaftslehre).

Punti chiave del pensiero di Fichte:

Al centro di tutto c’è l’Io: è l'Io che pone se stesso e il mondo.

A differenza di Kant, che lasciava un "mondo noumenico" fuori dalla nostra conoscenza, per Fichte tutto è prodotto dell’attività dell’Io.

L'Io si definisce opponendosi al "Non-Io" (la realtà esterna), creando così la base della conoscenza e dell’esperienza.

La filosofia di Fichte è molto dinamica: il soggetto non è statico, ma si realizza agendo, lottando, migliorandosi.


Dal punto di vista politico, Fichte fu anche un patriota appassionato. Durante l'occupazione napoleonica della Germania, pronunciò i celebri "Discorsi alla nazione tedesca" (1808), che divennero un simbolo di risveglio nazionale e culturale.

Negli ultimi anni della sua vita, Fichte continuò a insegnare filosofia a Berlino, dove fu anche il primo rettore dell'Università Humboldt. Morì nel 1814 a Berlino, a causa di un’infezione contratta assistendo la moglie malata.

martedì 25 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 76 Bentham 1748

 

Jeremy Bentham (1748–1832)

Il filosofo della felicità misurabile

Chi era?

Filosofo, giurista e riformatore sociale inglese, Bentham è considerato il fondatore dell’utilitarismo. Si oppose con forza al diritto naturale, alle tradizioni non giustificate e alla morale fondata su principi astratti, proponendo invece un’etica pratica, fondata sul principio di utilità.

Il cuore del suo pensiero: il principio di utilità

“La natura ha posto l'umanità sotto il dominio di due sovrani: il dolore e il piacere.”

Bentham sostiene che tutte le azioni umane sono guidate dalla ricerca del piacere e dalla fuga dal dolore. Di conseguenza, la morale deve basarsi su questo dato di fatto: un’azione è buona se aumenta la felicità e diminuisce la sofferenza.

Il calcolo edonistico

Per rendere etica e politica scientifiche e razionali, Bentham propone di misurare l’utilità in base a criteri quantificabili, tra cui:

  • Intensità del piacere
  • Durata
  • Certezza o incertezza
  • Prossimità o lontananza
  • Fecondità (se genera altri piaceri)
  • Purezza (se è privo di dolore)
  • Estensione (quante persone coinvolge)

Questo approccio mira a trasformare l’etica in una matematica della felicità.

Riforme e impatto sociale

Bentham fu un convinto riformatore. Si batté per:

  • Riforma del diritto penale e abolizione delle pene crudeli
  • Diritti delle donne
  • Abolizione della schiavitù
  • Trasparenza e democrazia
  • Istruzione pubblica
  • Tolleranza religiosa Fu anche un precursore della difesa dei diritti degli animali:

“La domanda non è: possono ragionare? né: possono parlare? ma: possono soffrire?”

Eredità

La sua influenza si è estesa:

  • Alla filosofia morale, con l’elaborazione successiva di John Stuart Mill
  • Alla teoria del diritto, con il concetto di positivismo giuridico
  • Alle scienze sociali, con il tentativo di rendere misurabile il benessere collettivo

Persino il suo corpo imbalsamato è visibile al University College di Londra, come simbolo del suo credo razionalista e laico.

lunedì 24 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 65 Kant 1724

Immanuel Kant 1724


Immanuel Kant nacque il 22 aprile 1724 a Königsberg, nella Prussia orientale (oggi Kaliningrad, in Russia). È considerato uno dei filosofi più influenti della storia del pensiero occidentale.

La sua famiglia era di modeste condizioni economiche e profondamente religiosa, appartenente al pietismo luterano. Questo ambiente influenzò fortemente la sua educazione iniziale. Fin da giovane Kant mostrò una grande intelligenza e una curiosità profonda verso il mondo naturale e la conoscenza umana.

Nel 1740, all’età di 16 anni, iniziò gli studi universitari presso l’Università di Königsberg, dove si dedicò principalmente alla filosofia, alla matematica e alle scienze naturali. Dopo la morte del padre, dovette sospendere temporaneamente gli studi per lavorare come precettore privato, mantenendosi da solo. Solo più avanti riuscì a tornare all'università, intraprendendo una lunga carriera accademica.

Nel corso della sua vita, Kant rivoluzionò il pensiero filosofico con opere come la "Critica della ragion pura" (1781), in cui cercò di rispondere a domande fondamentali sulla conoscenza, sull'esperienza e sui limiti della ragione umana. La sua filosofia, nota come "idealismo trascendentale", sostiene che noi non conosciamo il mondo "in sé", ma solo come appare a noi attraverso le forme della nostra mente.

Il 1724, dunque, segna solo l'inizio della vita di Kant, ma già il contesto culturale e familiare in cui nacque lo predispose a diventare uno dei più grandi pensatori di sempre.

Dopo aver terminato gli studi e lavorato come precettore privato per circa nove anni, Kant tornò stabilmente a Königsberg, dove iniziò la carriera universitaria. Nel 1770 ottenne la cattedra di professore ordinario di logica e metafisica. Da quel momento in poi visse una vita molto regolare e metodica: si dice che i suoi concittadini potessero regolare gli orologi vedendolo passeggiare sempre alla stessa ora!

Il periodo più importante della sua produzione filosofica viene chiamato periodo critico. La svolta avviene con la pubblicazione della "Critica della ragion pura" (1781), opera complessa e rivoluzionaria. Kant si pone una domanda fondamentale:
"Che cosa possiamo sapere?"
La risposta che dà è che la nostra conoscenza nasce da una combinazione tra i dati dell'esperienza sensibile e le strutture a priori della mente, come spazio, tempo e categorie dell'intelletto.

Successivamente, Kant pubblica altre due grandi opere critiche:

"Critica della ragion pratica" (1788), dedicata alla morale: qui sviluppa il concetto di imperativo categorico, la legge morale che comanda universalmente e indipendentemente da ogni interesse personale.

"Critica del giudizio" (1790), che tratta il tema dell'estetica e del finalismo nella natura.

Il suo pensiero ha influenzato profondamente non solo la filosofia, ma anche la scienza, la politica, la teologia e perfino l'arte.
Con Kant si chiude l'epoca della filosofia moderna e si apre quella della filosofia contemporanea.

Negli ultimi anni di vita, Kant si dedicò a riflessioni sulla pace e sulla politica. Scrisse il celebre saggio "Per la pace perpetua" (1795), in cui proponeva una sorta di "federazione di Stati liberi" per prevenire le guerre, un'idea che ha ispirato anche istituzioni moderne come l'ONU.

Morì a Königsberg il 12 febbraio 1804, a quasi 80 anni.

domenica 23 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 58 d'Alembert 1717

Jean Le Rond d'Alembert 1717


Jean Le Rond d’Alembert (1717–1783) è stato un matematico, fisico e filosofo francese, figura chiave dell’Illuminismo e co-direttore, con Diderot, della celebre Encyclopédie. Uomo di scienza e di ragione, rappresenta la perfetta incarnazione dell’intellettuale enciclopedista: razionale, critico, indipendente.


📖 Vita in breve

Nato a Parigi il 16 novembre 1717, fu abbandonato dalla madre e cresciuto da una famiglia adottiva. Mostrò fin da giovane un talento eccezionale per la matematica e la fisica. Studiò legge e medicina, ma si dedicò interamente alla scienza e alla filosofia.

A differenza di Diderot, con cui collaborò per anni, abbandonò l’Enciclopedia nel 1759, disilluso dalle pressioni religiose e politiche.


🧠 Pensiero e contributi principali

1. Scienze esatte: matematica e fisica
D’Alembert fu uno dei grandi matematici del suo tempo. Il suo nome è legato:

  • Alla soluzione delle equazioni alle derivate parziali, in particolare l’equazione delle onde.

  • Al Teorema di d’Alembert sulla radice di un’equazione polinomiale.

  • Al Principio di d’Alembert in meccanica, che generalizza le leggi del moto di Newton in sistemi complessi.

2. Filosofo della ragione
Nel Discours préliminaire (Discorso preliminare) all’Encyclopédie, d’Alembert espone una visione sistematica del sapere umano, fondando la conoscenza sulla ragione e sull’osservazione.

“La ragione è alla base di ogni progresso.”

3. Scetticismo e deismo moderato
Pur non essendo un ateo militante come Diderot, d’Alembert era critico verso la religione organizzata e sostenitore di un deismo razionalista, in cui Dio è l’orologiaio dell’universo, ma non interviene nel mondo.

4. Estetica e musica
Scrisse anche importanti saggi di teoria musicale, difendendo l’arte come espressione razionale di armonia. Fu in contatto con Rameau, da cui tuttavia si distaccò.


📚 Opere principali

  • Traité de dynamique (1743)
    Opera fondamentale sulla meccanica classica e il principio che porta il suo nome.

  • Discours préliminaire de l’Encyclopédie (1751)
    Introduzione teorica all’impresa enciclopedica, con la classificazione delle scienze.

  • Mélanges de littérature, d’histoire et de philosophie (1753)
    Raccolta di saggi che mostra il suo stile chiaro, arguto e metodico.

  • Éléments de philosophie (1759)
    Sintesi del suo pensiero filosofico.


🌍 Eredità

D’Alembert è una figura chiave del passaggio dal pensiero metafisico a quello scientifico-razionale. È uno dei padri fondatori della fisica moderna e della filosofia della scienza. Il suo rigore analitico e la sua chiarezza espositiva influenzarono profondamente il pensiero illuminista.

Morì il 29 ottobre 1783, rifiutando i sacramenti religiosi, coerente con la sua visione del mondo.





sabato 22 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 57 Diderot 1713

Denis Diderot 1713

Denis Diderot (1713–1784) è stato uno dei grandi protagonisti dell’Illuminismo francese, noto soprattutto come curatore e motore dell’Enciclopedia (Encyclopédie), monumentale impresa intellettuale che mirava a raccogliere e diffondere tutto il sapere umano. Filosofo, scrittore, critico d’arte e pensatore libero, ha rappresentato lo spirito più audace e sovversivo dell’Illuminismo.


📖 Vita in breve

Nato a Langres il 5 ottobre 1713, Diderot abbandonò presto gli studi religiosi per dedicarsi alla filosofia, alla letteratura e alla scienza. La sua vita fu segnata da difficoltà economiche, censura e persecuzioni, ma anche da una straordinaria attività intellettuale. Amico di Rousseau (prima della rottura), corrispondente di Voltaire e frequentatore dei salotti parigini, Diderot è stato una figura centrale della cultura del XVIII secolo.


🧠 Pensiero e tematiche principali

1. L’Enciclopedia (1751–1772)
Insieme a D’Alembert, Diderot dirige un'opera ciclopica di 28 volumi, che coinvolge centinaia di autori e artigiani. L'obiettivo è diffondere il sapere per liberare l’uomo dall’ignoranza e dalla superstizione.

“Cambiare il modo comune di pensare” era lo scopo dell’opera.

L’Enciclopedia è anche una denuncia contro il potere della Chiesa e la monarchia assoluta.

2. Materialismo e ateismo
Diderot fu un materialista radicale, contrario alla religione rivelata e al dualismo cartesiano. Nelle opere filosofiche (spesso pubblicate postume per evitare censure), propone una visione naturalistica dell’universo, in cui materia e pensiero non sono separati.
Nel Sogno di D’Alembert (1769), immagina una materia vivente, dinamica, capace di coscienza.

3. Libertà e relativismo morale
Diderot rifiuta i dogmi morali assoluti. Difende la libertà dell’individuo e propone un’etica fondata sull’empatia, sulla ragione e sull’esperienza umana concreta.

4. Arte e teatro
Nei Salons (critiche d’arte scritte tra il 1759 e il 1781), Diderot inventa la critica moderna: soggettiva, descrittiva, analitica.
Con Il nipote di Rameau (scritto nel 1762 circa, pubblicato postumo), mette in scena un dialogo brillante e provocatorio tra morale e follia, razionalità e cinismo.


📚 Opere principali

  • Pensieri filosofici (1746)
    Attacco alla religione tradizionale e difesa di un deismo etico.

  • Lettera sui ciechi (1749)
    Contiene riflessioni sull’esperienza sensoriale e sul materialismo; l’autore fu incarcerato per le sue idee.

  • Sogno di D’Alembert (1769)
    Dialogo filosofico sul materialismo e la scienza.

  • Il nipote di Rameau (1762 ca., pubblicato postumo)
    Capolavoro ironico e teatrale della filosofia illuminista.

  • Enciclopedia (1751–1772)
    La più grande impresa culturale del secolo.


🌍 Eredità

Diderot ha gettato le basi del pensiero critico moderno, anticipando temi come l’evoluzionismo, l’educazione laica, la libertà di stampa e la dignità del lavoro manuale.
Morì il 31 luglio 1784 a Parigi. Solo dopo la Rivoluzione fu pienamente riconosciuto come uno dei padri dell’Illuminismo.

venerdì 21 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 62 Rousseau 1712

Jean-Jacques Rousseau 1712

Jean-Jacques Rousseau (1712–1778) è stato uno dei pensatori più originali e rivoluzionari dell’Illuminismo europeo. Scrittore, filosofo, musicista e pedagogista, Rousseau ha avuto un impatto profondo sulla filosofia politica moderna, sull’educazione e sul Romanticismo. Nato a Ginevra il 28 giugno 1712, ha vissuto una vita inquieta, segnata da esili e polemiche, ma anche da opere fondamentali per la cultura occidentale.


🧠 Il pensiero di Rousseau in sintesi

1. L’uomo naturale e la critica della civiltà
Nel Discorso sull’origine della diseguaglianza (1755), Rousseau sostiene che l’uomo è buono per natura, ma la società e la proprietà privata lo hanno corrotto.

“L’uomo nasce libero, e ovunque è in catene.” (Il contratto sociale)

L’uomo naturale, libero, innocente e autonomo, è stato sopraffatto dall’uomo sociale, dominato da ineguaglianze e convenzioni artificiali.

2. Contratto sociale e volontà generale
Nel Contratto sociale (1762), Rousseau immagina una nuova forma di governo basata sulla sovranità popolare e sulla volontà generale.
Questa non è la semplice somma dei desideri individuali, ma l’espressione della volontà comune orientata al bene collettivo.
Il cittadino, rinunciando a una parte della propria libertà naturale, guadagna la libertà civile e morale.

3. Educazione naturale
Con Emilio, o dell’educazione (1762), Rousseau propone una pedagogia fondata sul rispetto dei tempi naturali del bambino e sull’apprendimento attraverso l’esperienza, lontano dalla corruzione della società.

4. Sentimento e autenticità
Rousseau esalta il sentimento come via di conoscenza, in polemica con il razionalismo illuminista. È uno dei precursori del Romanticismo e dell’idea moderna di soggettività.


📚 Opere principali

  • Discorso sulle scienze e le arti (1750)
    Vince un premio dell’Accademia di Digione con una tesi paradossale: il progresso ha corrotto l’uomo.

  • Discorso sull’origine della diseguaglianza (1755)
    Indaga le radici dell’ingiustizia sociale, opponendo natura e società.

  • Il contratto sociale (1762)
    Trattato politico fondamentale per la democrazia moderna.

  • Emilio, o dell’educazione (1762)
    Romanzo pedagogico, bandito in molti Paesi per il suo contenuto rivoluzionario.

  • Le confessioni (postumo)
    Prima grande autobiografia moderna, che inaugura un nuovo modo di parlare di sé.


🌍 Eredità

Rousseau ha ispirato profondamente sia la Rivoluzione francese che il pensiero democratico contemporaneo. Il suo idealismo radicale ha influenzato filosofi, pedagogisti e scrittori romantici, da Kant a Tolstoj.

Morì il 2 luglio 1778 a Ermenonville, presso Parigi. Oggi è sepolto nel Pantheon della capitale francese, accanto a Voltaire.

giovedì 20 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 60 Hume 1711

David Hume 1711



David Hume (1711–1776) è stato uno dei più influenti filosofi dell’Illuminismo scozzese, nonché storico, economista e saggista. Nato il 7 maggio 1711 a Edimburgo, Hume ha rivoluzionato il pensiero moderno con la sua radicale critica alla metafisica tradizionale, la sua teoria della conoscenza e le sue riflessioni sul senso morale.


🧠 Il pensiero di Hume in sintesi

1. Empirismo radicale
Per Hume, tutta la conoscenza deriva dai sensi. Egli distingue tra:

  • Impressioni, ossia le percezioni vive e immediate (ciò che vediamo, sentiamo, tocchiamo);

  • Idee, che sono copie sbiadite delle impressioni nella nostra mente.

Da qui discende il suo scetticismo moderato: ogni idea che non può essere ricondotta a un’impressione sensibile è da considerare sospetta.

2. Causalità e critica alla metafisica
Hume attacca il concetto di causa-effetto, mostrando che noi non percepiamo mai la “connessione necessaria” tra due eventi: vediamo solo che uno segue l’altro. L’idea di causa nasce dall’abitudine mentale di associare eventi tra loro. Da questo deriva la sua critica alla metafisica: molte nozioni (come Dio, anima, sostanza) non hanno fondamento empirico.

3. L’identità personale
Contrariamente alla tradizione cartesiana, Hume nega l’esistenza di un “io” stabile: la mente è solo un flusso di percezioni, senza un nucleo immutabile.

4. Etica e morale
Nella Ricerca sui principi della morale, Hume sostiene che i giudizi morali non derivano dalla ragione, ma dai sentimenti. In particolare, l’empatia è alla base della moralità. Celebre la sua frase:

"La ragione è, e deve essere, schiava delle passioni."


📚 Opere principali

  • Trattato sulla natura umana (1739-40)
    Opera ambiziosa e complessa, è il fondamento della sua filosofia empirica e scettica.

  • Ricerca sull’intelletto umano (1748)
    Rielaborazione più accessibile del Trattato, dove Hume espone la sua critica alla causalità e alla religione naturale.

  • Ricerca sui principi della morale (1751)
    Testo fondamentale per la sua etica sentimentale.

  • Storia dell’Inghilterra (1754–1762)
    Ampia opera storica in sei volumi, molto letta all’epoca.


🌍 Eredità

Il pensiero di Hume ha avuto una profonda influenza su filosofi successivi, in particolare su Immanuel Kant, che scrisse:

“Fu Hume a svegliarmi dal sonno dogmatico.”
Hume è considerato il padre del naturalismo filosofico e un precursore della filosofia analitica, per il suo rigore argomentativo e il linguaggio chiaro.

Morì a Edimburgo il 25 agosto 1776, serenamente, fedele al suo scetticismo fino all’ultimo giorno.

mercoledì 19 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 56 Voltaire 1694

 Voltaire 1694

Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet, nacque il 21 novembre 1694 a Parigi. È stato uno dei più celebri e pungenti filosofi dell’Illuminismo francese, noto per il suo spirito critico, l’ironia tagliente e l’instancabile difesa della ragione, della tolleranza e della libertà di pensiero.

✍️ Opere principali
Voltaire fu un autore prolifico: scrisse saggi, tragedie, pamphlet, poesie, lettere e romanzi. Tra le sue opere più note:

Candido, o l’ottimismo (Candide ou l’optimisme, 1759)
Romanzo filosofico satirico in cui critica duramente l’ottimismo metafisico di Leibniz, rappresentato dal personaggio del filosofo Pangloss. Il protagonista attraversa guerre, disastri naturali e persecuzioni, fino alla conclusione: “Bisogna coltivare il nostro giardino” – un invito alla concretezza e all’azione.

Trattato sulla tolleranza (Traité sur la tolérance, 1763)
Scritto in seguito al caso Calas (un protestante ingiustamente condannato alla morte), è un'opera contro il fanatismo religioso e in difesa della libertà di coscienza.

Lettere filosofiche (Lettres philosophiques, 1734)
Frutto del suo soggiorno in Inghilterra, in cui loda la tolleranza inglese, la libertà di stampa, e il pensiero scientifico, contrapponendoli alla situazione francese.

🧠 Il pensiero
Voltaire fu un critico feroce dell’assolutismo monarchico, dell’intolleranza religiosa e della superstizione. Nonostante non fosse ateo, combatteva la Chiesa cattolica in quanto istituzione repressiva, coniando l’espressione:
"Écrasez l'infâme!" (schiacciate l’infame!) – riferito all’intolleranza e al fanatismo.

Credeva nella ragione umana, nella libertà di espressione e nei diritti naturali dell’individuo. Fu anche ammiratore della scienza e sostenitore dell’empirismo.

🌍 Influenza e eredità
Voltaire fu una figura chiave nella diffusione delle idee illuministe in Europa. Intrattenne fitti scambi epistolari con intellettuali e sovrani (come Federico II di Prussia e Caterina II di Russia) e influenzò profondamente il pensiero laico e razionalista dell’età moderna.

Morì il 30 maggio 1778, a Parigi, accolto nuovamente in patria dopo un lungo esilio. I suoi resti furono traslati al Pantheon di Parigi durante la Rivoluzione Francese.

martedì 18 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 55 Montesquieu 1689

 Montesquieu 1689


Montesquieu, nato nel 1689, è stato uno dei più influenti filosofi e pensatori politici dell'Illuminismo. Il suo vero nome era Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède et de Montesquieu, e nacque il 18 gennaio 1689 nel castello di La Brède, vicino a Bordeaux, in Francia.

📚 Opere principali
L'opera che lo rese celebre e lo consacrò come figura centrale del pensiero politico moderno è:

"Lo spirito delle leggi" (De l'esprit des lois, 1748)
In questo testo fondamentale, Montesquieu analizza i diversi tipi di governo e introduce l'idea della separazione dei poteri in esecutivo, legislativo e giudiziario. Questa teoria avrà un impatto profondo sulle costituzioni moderne, in particolare su quella degli Stati Uniti.

"Lettere persiane" (Lettres persanes, 1721)
Un'opera satirica in forma di scambio epistolare tra due viaggiatori persiani in Francia. Attraverso l'ironia e lo sguardo straniero, Montesquieu critica la società francese, il potere assoluto e l'intolleranza religiosa.

🧠 Il pensiero
Montesquieu sviluppò un approccio originale alla scienza politica, fondato su un'osservazione empirica delle leggi, delle istituzioni e delle società. Credeva che le leggi dovessero adattarsi al clima, alla geografia, alla religione e alle tradizioni di un popolo.

Tra i suoi concetti chiave:

La libertà politica è possibile solo se i poteri dello Stato sono separati e si controllano reciprocamente.

Il relativismo culturale: nessuna legge è universalmente giusta in ogni contesto, ma dev’essere valutata nel contesto della società che la produce.

🏛️ Eredità
Montesquieu morì nel 1755, ma la sua influenza perdura. La sua idea della divisione dei poteri è diventata un pilastro delle democrazie liberali moderne. Le sue opere sono ancora oggi studiate in filosofia, diritto e scienze politiche.

lunedì 17 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 50 Leibniz 1646

Gottfried Wilhelm Leibniz 1646

Gottfried Wilhelm Leibniz (1646–1716)

Vita e formazione

Leibniz nasce a Lipsia nel 1646, in una famiglia colta: il padre era professore di filosofia morale. Poliglotta e precoce, già a 20 anni ottiene un dottorato in legge. Visse tra Germania, Francia e Italia, occupandosi non solo di filosofia, ma anche di matematica, logica, giurisprudenza, diplomazia, teologia, linguistica e ingegneria. Fu uno dei più grandi intellettuali universali del Seicento e un infaticabile promotore del dialogo tra culture e religioni.


Pensiero filosofico

1. Razionalismo e metafisica

Leibniz è uno dei grandi razionalisti del Seicento, insieme a Cartesio e Spinoza. A differenza di Locke, sostiene che le verità non derivano dai sensi, ma dalla ragione. La sua metafisica si basa su alcuni principi fondamentali:

  • Principio di identità del discernibili: se due entità sono diverse, devono differire in qualcosa.

  • Principio di ragion sufficiente: nulla accade senza una ragione.

  • Principio della continuità: in natura non ci sono salti bruschi, ma passaggi graduali.

2. Le monadi

Al centro della sua ontologia ci sono le monadi, sostanze semplici, indivisibili, immateriali e dotate di percezione. Le monadi non interagiscono tra loro fisicamente, ma ognuna riflette l’universo in sé in modo diverso, come specchi del mondo.

“Le monadi non hanno finestre”: non agiscono le une sulle altre, ma si sviluppano secondo un disegno prestabilito da Dio.

Dio ha creato un universo armonico, dove ogni monade si sviluppa secondo il principio della armonia prestabilita. Tutto è sincronizzato da Dio in modo perfetto.

3. Ottimismo metafisico

Famosa è la sua tesi secondo cui viviamo nel migliore dei mondi possibili. Essendo Dio perfetto, non poteva creare un mondo imperfetto: tra tutte le possibilità, ha scelto quella con il massimo equilibrio tra bene e male, ordine e libertà.

Questa visione fu ironizzata da Voltaire nel Candide, ma rimane un’espressione dell’ottimismo razionalista leibniziano.

4. Verità di ragione e verità di fatto

Leibniz distingue due tipi di verità:

  • Verità di ragione: sono necessarie e universali (es. “2+2=4”), fondate sul principio di non contraddizione.

  • Verità di fatto: sono contingenti e richiedono una ragione sufficiente per accadere (es. “oggi piove”).


Logica e linguaggio

Leibniz anticipa idee moderne in logica simbolica. Sognava una lingua universale (characteristica universalis) per esprimere con simboli matematici ogni verità logica e filosofica.

È considerato un precursore dell’informatica e della logica formale moderna.


Matematica e scienze

  • Inventò indipendentemente dal Newton il calcolo infinitesimale (oggi ∫ e d sono i suoi simboli).

  • Lavorò su macchine calcolatrici, prefigurando l’informatica.

  • Promosse l'uso del sistema binario, alla base dell’informatica attuale.

  • Fu fondatore di accademie scientifiche e si occupò di ingegneria, geologia, meccanica e medicina.


Teologia e conciliazione

Leibniz cercò l’unità tra fede e ragione, tra protestanti e cattolici, e tra religioni diverse. Per lui, la verità non può essere contraddittoria: la teologia naturale deve accordarsi con la logica e la scienza.


Opere principali

  • Monadologia (1714)

  • Saggi di Teodicea (1710)

  • Nouveaux essais sur l'entendement humain (pubblicato postumo, 1765) – scritto in risposta al Saggio sull’intelletto umano di Locke

  • Discorso di metafisica (1686)


In sintesi

  • Razionalista convinto, cerca l’unità tra scienza, fede, logica e metafisica.

  • Le monadi sono gli atomi spirituali dell’universo, ognuna riflette il tutto.

  • L’universo è governato da un’armonia prestabilita da Dio.

  • Il mondo è il migliore dei mondi possibili, secondo la logica divina.

  • Anticipa la logica simbolica e il pensiero informatico.


Confronto con gli altri filosofi del Seicento

FilosofoOrigine della conoscenzaVisione del mondoIdea centrale
CartesioRagione (innatismo)Dualismo mente-corpoCogito ergo sum
SpinozaRagioneMonismo (Deus sive Natura)Tutto è Dio
LockeEsperienza (empirismo)Sensismo e liberalismoMente = tabula rasa
LeibnizRagione + armonia prestabilitaUniverso perfettoMonadi coordinate da Dio


domenica 16 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 52 Locke 1632

John Locke 1632

John Locke (1632–1704)
Vita e contesto storico
John Locke nasce nel 1632 a Wrington, in Inghilterra, in un periodo di grandi tensioni politiche e religiose. Cresce durante la guerra civile inglese e la successiva Restaurazione. Studia a Oxford, dove si interessa inizialmente alla medicina, alla scienza sperimentale e alla filosofia. Influenzato da Bacon e Newton, diventa uno dei principali esponenti dell’empirismo inglese.

Locke fu vicino ai movimenti liberali e sostenitore del parlamentarismo. Visse per un periodo in esilio nei Paesi Bassi a causa delle sue idee politiche, ma tornò in patria dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1688, diventando una figura influente nella vita intellettuale e politica del Regno Unito.

Pensiero filosofico
1. Empirismo e teoria della conoscenza
Locke è considerato il padre dell’empirismo moderno. Nella sua opera più importante, Saggio sull’intelletto umano (Essay Concerning Human Understanding, 1690), afferma che la mente umana alla nascita è una tabula rasa: tutte le conoscenze derivano dall’esperienza.

“Non esistono idee innate.”
Tutto ciò che conosciamo proviene dai sensi (esperienza esterna) e dalla riflessione (esperienza interna).

Questa posizione contrasta con il razionalismo cartesiano e pone le basi per il pensiero empirista successivo, da Berkeley a Hume.

2. Le idee semplici e complesse
Locke distingue tra:

Idee semplici: derivano direttamente dalla percezione sensibile e non possono essere ulteriormente scomposte.

Idee complesse: costruite dalla mente attraverso combinazioni, confronti, astrazioni delle idee semplici.

3. Qualità primarie e secondarie
Locke introduce una distinzione fondamentale nella percezione:

Qualità primarie: oggettive, appartenenti alle cose (forma, movimento, estensione).

Qualità secondarie: soggettive, dipendenti dal percepiente (colori, suoni, odori).

Filosofia politica
1. Stato di natura e contratto sociale
Nel Secondo trattato sul governo (Two Treatises of Government, 1689), Locke descrive lo stato di natura come una condizione di libertà e uguaglianza, in cui però manca la sicurezza dei diritti.

Per garantire i propri diritti naturali (vita, libertà, proprietà), gli uomini stipulano un contratto sociale, dando vita a una società civile e a un governo limitato dal diritto.

Il potere politico non è assoluto, ma subordinato al rispetto dei diritti individuali. Se lo viola, il popolo ha il diritto di resistere e rovesciare il governo.

2. Teoria della proprietà
La proprietà nasce dal lavoro: ogni individuo ha il diritto di appropriarsi dei frutti della terra, purché lasci “abbastanza e altrettanto buono per gli altri”. Questa visione giustifica la proprietà privata come fondamento della libertà personale.

3. Tolleranza religiosa
Locke è autore della Lettera sulla tolleranza (1689), in cui difende la libertà religiosa come diritto fondamentale. Lo Stato non deve imporre una fede religiosa, né perseguitare in nome della verità. Ogni individuo ha diritto alla propria coscienza, ma esclude l’ateismo (ritenuto socialmente pericoloso) e l’intolleranza papale (in quanto minaccia alla sovranità nazionale).

Influenza e eredità
Locke è considerato uno dei fondatori del liberalismo moderno.

Le sue idee influenzarono profondamente la Costituzione americana, i filosofi illuministi (soprattutto Voltaire e Montesquieu), e la rivoluzione francese.

La sua concezione di libertà come protezione dei diritti individuali è alla base delle democrazie moderne.

In ambito epistemologico, ha preparato il terreno per le critiche scettiche di Hume e l’approccio scientifico al pensiero umano.

Opere principali
Saggio sull’intelletto umano (1690)

Due trattati sul governo (1689)

Lettera sulla tolleranza (1689)

Pensieri sull’educazione (1693)

In sintesi
Tutte le idee provengono dall’esperienza: la mente è una tabula rasa.

La conoscenza si fonda sull’empirismo, non su idee innate.

La libertà è un diritto naturale, che lo Stato deve proteggere, non concedere.

La proprietà nasce dal lavoro ed è inviolabile.

Il governo è legittimo solo se rappresentativo e garantisce i diritti naturali.

Locke è un precursore del costituzionalismo moderno e della tolleranza civile.

sabato 15 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 49 Spinoza 1632

Baruch Spinoza 1632


Baruch Spinoza (1632–1677)
Vita e contesto
Baruch Spinoza nasce ad Amsterdam nel 1632, in una famiglia ebrea sefardita fuggita dalla persecuzione in Portogallo. Cresciuto in una comunità profondamente religiosa, riceve una formazione ebraica rigorosa, ma si distacca presto dall’ortodossia. Le sue idee razionaliste e critiche nei confronti delle Scritture lo portano, nel 1656, a essere scomunicato dalla sinagoga con una condanna molto severa (cherem), che ne segna profondamente la vita.

Rifiutò incarichi universitari e una cattedra a Heidelberg per preservare la sua indipendenza intellettuale. Lavorò umilmente come lucidatore di lenti ottiche, conducendo un’esistenza appartata ma intensa dal punto di vista filosofico. Morì di tubercolosi nel 1677, a 44 anni.

Pensiero filosofico
1. Razionalismo radicale
Spinoza è uno dei massimi esponenti del razionalismo del Seicento, accanto a Cartesio e Leibniz. Tuttavia, la sua concezione della ragione è ancor più estrema: la verità può essere conosciuta solo attraverso la logica e la deduzione geometrica, come dimostra nella sua opera principale, Ethica ordine geometrico demonstrata (pubblicata postuma nel 1677).

2. Dio e natura (Deus sive Natura)
Il nucleo del pensiero spinoziano è l’identificazione tra Dio e la Natura. Spinoza rifiuta l’idea di un Dio personale trascendente e propone una visione panteistica:

“Dio è la sostanza unica che si manifesta in infiniti attributi, dei quali noi conosciamo il pensiero e l’estensione.”

Tutto ciò che esiste è una manifestazione di Dio, che non è un creatore esterno ma coincide con la realtà stessa. Questo rifiuto della trascendenza e della Provvidenza lo rese profondamente controverso per il pensiero religioso ebraico e cristiano.

3. Libertà e necessità
Secondo Spinoza, ogni cosa accade per necessità, secondo leggi immutabili. La libertà umana non consiste nel libero arbitrio, ma nella comprensione delle cause che determinano il nostro agire. Più conosciamo la realtà e le sue leggi, più diventiamo liberi, perché ci sottraiamo all’illusione delle passioni.

4. Etica e beatitudine
L’opera Etica non è solo un sistema metafisico, ma una guida alla vita felice. Spinoza propone una morale fondata sulla razionalità: la virtù è conoscenza, e la vera beatitudine nasce dall’amore intellettuale verso Dio (amor Dei intellectualis), cioè dalla comprensione dell’ordine eterno della natura. Superare le passioni con la ragione conduce alla serenità e alla libertà interiore.

5. Tolleranza e critica della religione
Nel Trattato teologico-politico (1670), Spinoza difende la libertà di pensiero e di espressione come condizione essenziale per la convivenza civile. Critica le religioni istituzionali, accusandole di servire il potere politico e di ostacolare la ragione. Propone una lettura storica e simbolica della Bibbia, anticipando la moderna critica testuale.

Opere principali
Ethica ordine geometrico demonstrata (pubblicata postuma nel 1677): capolavoro filosofico in cinque parti, scritto con stile matematico e strutturato in definizioni, assiomi, proposizioni e dimostrazioni.

Trattato teologico-politico (1670): scritto in latino e pubblicato anonimamente, difende la libertà di pensiero e la separazione tra religione e filosofia.

Trattato politico (incompiuto): riflessione sul potere, la democrazia e la libertà civile.

Trattato sull'emendazione dell'intelletto: opera giovanile che anticipa le tematiche centrali del suo pensiero.

Eredità e influenza
Spinoza fu a lungo considerato eretico, ateo, persino pericoloso. Tuttavia, la sua filosofia ha avuto un impatto duraturo su molti pensatori moderni, da Goethe, Hegel e Schelling fino a Einstein, che lo definiva “il più grande dei filosofi moderni”.

Nel Novecento, filosofi come Gilles Deleuze, Antonio Negri e Étienne Balibar hanno riscoperto la forza eversiva e rivoluzionaria del pensiero spinoziano, leggendo la sua filosofia come un’alternativa radicale alla tradizione cartesiana e idealista.

In sintesi
Dio è la Natura, e tutto accade per necessità.

La ragione è l’unico strumento per comprendere il mondo e raggiungere la libertà.

La vera etica è conoscenza, e la beatitudine consiste nell’amore intellettuale verso l’ordine eterno dell’universo.

Difensore della tolleranza e della libertà di pensiero, Spinoza è un anticipatore dell’illuminismo e della modernità.

venerdì 14 marzo 2025

Corso di storia della filosofia: 48 Pascal 1623

Blaise Pascal 1623
Blaise Pascal (1623–1662)
Tra scienza, fede e l’abisso del cuore umano
Blaise Pascal è stato un genio poliedrico: matematico, fisico, inventore, filosofo, teologo. Nato a Clermont-Ferrand nel 1623, è una delle figure più complesse e affascinanti della cultura europea. La sua opera attraversa e mette in crisi i confini tra razionalità e fede, tra ragione e sentimento, tra finitezza umana e infinito divino.

Se Cartesio cerca certezze assolute, Pascal sprofonda nel dubbio, nell’angoscia e nell’intuizione dell’abisso che è l’uomo: un essere fragile, “una canna pensante”.

✦ Un giovane genio della scienza
Pascal dimostrò fin da giovane un'intelligenza fuori dal comune. A 16 anni scrisse un trattato sulla geometria proiettiva. A 19 inventò la Pascalina, una delle prime calcolatrici meccaniche. A 23, con esperimenti sul Puy-de-Dôme, confermò l’esistenza del vuoto atmosferico, smentendo la fisica aristotelica e perfezionando la teoria della pressione.

È anche l’ideatore della teoria delle probabilità, sviluppata insieme a Fermat: un contributo fondamentale non solo alla matematica, ma anche alla teoria economica e alla filosofia dell’incertezza.

✦ La crisi mistica e la svolta esistenziale
Il 23 novembre 1654, Pascal vive una notte mistica intensa, che segnerà una svolta nella sua vita. In una nota ritrovata nel suo mantello dopo la morte (il “Memoriale”), scrive:

“Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Non dei filosofi e dei sapienti.”

Da quel momento, Pascal si ritira dalla vita mondana e si dedica alla riflessione religiosa. Si avvicina al giansenismo, corrente rigorosa del cattolicesimo che esalta la grazia e il senso del peccato, in opposizione al razionalismo ottimista del tempo.

✦ I Pensieri: filosofia dell’inquietudine
L’opera maggiore di Pascal è rimasta incompiuta: i Pensieri, frammenti destinati a un’apologia del cristianesimo. Non vi è un sistema, ma un mosaico di intuizioni, aforismi, paradossi. È un'opera esistenziale, non dottrinale.

I tre ordini
Pascal distingue tre ordini di grandezza:

Il corpo (materiale, sensibile): l’uomo è fragile come una canna.

Lo spirito (intelletto, ragione): l’uomo pensa, e questo lo nobilita.

La carità (amore, grazia): solo la fede dona senso.

“L’uomo è una canna, la più fragile della natura; ma è una canna pensante.”

Il cuore e la ragione
Pascal non nega la ragione, ma ne mette in luce i limiti. La fede non nasce dalla logica, ma da un altro tipo di certezza:

“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.”

Questa frase celebre esprime una rivoluzione: la verità non è solo razionale, ma può essere intuitiva, affettiva, interiore.

✦ La scommessa su Dio
Uno dei frammenti più celebri dei Pensieri è la scommessa pascaliana. Di fronte all’impossibilità di dimostrare l’esistenza di Dio con certezza, Pascal invita a una scelta pragmatica:

“Se scommetti su Dio e vinci, ottieni la vita eterna. Se perdi, non perdi nulla.
Se non scommetti e hai torto, perdi tutto.”

È un’argomentazione probabilistica, ma anche esistenziale: credere è una scelta del cuore e dell’intelligenza, un atto di volontà che riguarda la nostra felicità.

✦ Un cristianesimo tragico e scandaloso
Per Pascal, l’uomo è grande nella sua miseria: è un essere diviso, inquieto, contraddittorio, fatto per l’infinito ma gettato nel finito. Il cristianesimo non è consolazione facile, ma scandalo della croce, paradosso dell’amore divino per il peccatore.

Non si rivolge ai credenti, ma agli indifferenti, a coloro che vivono senza interrogarsi:

“Non cercare Dio senza Gesù Cristo.”

✦ Pascal oggi
In un’epoca dominata dalla razionalità tecnico-scientifica, Pascal ci ricorda che l’uomo è molto più della sua intelligenza. Le sue riflessioni sull’incertezza, sul cuore, sulla fragilità umana parlano direttamente al XXI secolo, attraversato da crisi esistenziali, scientifiche e religiose.

La sua concezione della fede come scommessa drammatica, non dogmatica, lo rende un interlocutore potente tanto per il credente quanto per il laico.

✦ Curiosità
Pascal è il nome dell’unità di misura della pressione.

La Pascalina è una delle prime macchine da calcolo meccaniche.

I suoi scritti scientifici anticipano l’informatica e la teoria dei giochi.

✦ Conclusione
Blaise Pascal è un pensatore dell’inquietudine. Non propone certezze, ma invita a un confronto radicale con il mistero dell’esistenza. Non costruisce un sistema, ma semina domande. In lui, la scienza e la fede non si escludono, ma si fronteggiano in un dramma interiore che ancora ci appartiene.


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